Ci sono arrivati diversi contributi da persone esterne alla nostra redazione e che non fanno parte dei nostri collaboratori. Abbiamo così pensato di pubblicare saltuariamente anche le riflessioni che ci vengono inviate e che sono ritenute in sintonia con lo spirito di questo blog. Cominciamo oggi con Paolo Borghi, funzionario dei Servizi per l’Impiego della Provincia di Livorno.
La concertazione per la ripresa e l’equità è sufficiente a Livorno?
Di Paolo Borghi
Nonostante che la sensibilità sui temi della Ripresa e dell’Equità sia largamente condivisa, registriamo al nostro livello territoriale l’assenza di strumenti a carattere generale di valutazione del contesto e delle sue criticità nell’ottica della “prossimita ai bisogni’” e alle riproduzioni sociali ed economiche dei diversi soggetti nel medio periodo (gli studi IRPET e della stessa CCIAA e i format di alcuni strumenti Comunitari hanno una valenza generalista).
Registriamo anche l’assenza di Piani organici e integrati per la Ripresa e l’Equità (condivisi e adeguatamente formalizzati con tanto di appendici di verifica di efficienza ed efficacia e impatto). Questo rende non semplice ricostruire gli elementi operativi da focalizzare e su cui intervenire, ed è perfino complicato analizzare molte delle reali, ed evidenti, dinamiche in atto e i livelli di risultato delle azioni in corso a responsabilità di privati e del pubblico (pensiamo soprattutto ai processi e alle azioni per contrastare l’impoverimento, alla innovatività o obsolescenza dei processi organizzativi delle imprese e delle istituzioni, alla formazione e distruzione di occupazione e di capacità imprenditoriali e professionali; alle tendenze demografiche e migratorie; all’effettivo peso nel nostro contesto di questi elementi).
Manca perfino un luogo/momento deputato alla concertazione a livello territoriale (se ovviamente non ci accontentiamo di prese d’atto o di discussioni volta per volta). Il tentativo di attivare la Conferenza Economica Provinciale non è mai decollato; la Camera di Commercio non riesce a catalizzare al meglio le rappresentanze sociali ed economiche; le Organizzazione Sindacali ed Economiche sono molto vincolate ad azioni di rivendicazione e tutela; il processo-piattaforma “Governare il Cambiamento” promosso dal Comune di Livorno sembra limitarsi a costituire una ottima esercitazione di “concertazione” in grado di regolare pochi interventi di nicchia dello stesso Comune e i PIUSS, senza riuscire a produrre strumenti pesanti e integrati adeguati e ad essere trainante del contesto.
La scelta dominante (e contestata un po’ da tutte le parti interessate salvo poi ricadere in una sorta di autosufficienza/ autoreferenza) è quella di limitare gli elementi di condivisione tra le istituzioni e tra le diverse istituzioni e le forze sociali; una negoziazione sociale lontana dalle dimensioni di sistema (ad esclusione del caso delle multinazionali!). E dobbiamo registrare un crescente logoramento della capacità di cooperare e convergere su obbiettivi strategici territoriali e sociali mentre crescono le piattaforme piu’ o meno identitarie o rivendicative dei singoli soggetti, con una rissosità per altro crescente verso l’esterno e all’interno (come ha ultimamente dimostrato il Censis proprio per Livorno).
Insomma si è andati e si va in ordine sparso, con l’aggravante di scenari di PIL, Reddito, Occupazione, Disoccupazione, Dispersione scolastica e accesso alla Istruzione e Formazione, di capacità imprenditoriale e relativa all’innovazione, di Poverta’ vecchie e nuove in rapida estensione, a partire dal Capoluogo ma dovendo registrare crescenti differenziali con altre aree analoghe. In una situazione in cui la crisi (da globalizzazione; da obsolescenza; da mancato cambiamento, da deterioramento e restringimento dei Diritti a partire da quelli di base e di cittadinaza) rischia di trasformarsi in un vero e proprio (e rovinoso) declino regressivo.
Ed emerge costantemente la tentazione di spostare colpe e responsabilità ed individuare capri espiatori sia interni che esterni, senza piu’ di tanto approfondire dinamiche e responsabilità, opportunità e interessi, senza un approfondimento politico ed istituzionale sul come (re)agire. Trovandosi a difendere piu’ l’esistente (e gli esistenti) invece di individuare le responsabilità della mancata Ripresa e del deterioramento dell’Equità. Magari dovendo sorvolare sulla incapacità di concentrare risorse adeguate su Strategie e Obbiettivi necessarie per attivare gli elementi di Grande Cambiamento che, a parole di tutti, sono necessari. Ottenendo una modalità di Governance di sistema debolissima e incerta, nonostante le coerenze e le attese dei diversi soggetti che la determinano
La Buona Politica deve assumere tutte le iniziative necessarie per ricostruire e sostenere i processi di concertazione e per realizzare una Governance adeguata e autorevole se intende operare per un miglior futuro delle nostre comunità e per un suo significativo futuro. Per questo occorre che la Politica esca dal recinto di una competizione giocata su leadership, identità e ideologie tradizionali o moderniste che siano. Certo, sfuggendo anche alla attuale dimensione in cui il combinato disposto tra selezione dei leader e movimentismo partecipativo liquido condizionano fin troppe energie piu’ alla ricerca del consenso a breve che all’opera di trasformazione sociale e economica che è necessaria con l’aria che tira nel mondo. Certo ritrovando una sua precisa identità e caratteristica Riformista e Programmatica.
Occorrono strategie, comportamenti, risultati dentro la logica del Glocalismo. Occorre guardare alla e nella Globalizzazione e Agire in sede locale per trasformare, per intervenire sulle criticità, per fare le nostre comunità protagoniste del loro futuro in una nuova fase del mondo. Certo, salvando quella Qualità Sociale e Economica e della Democrazia che rimane nelle migliori attese (nonostante tutto quello che accade e che ci accade verrebbe da dire).
Questo è assolutamente un terreno vincente anche per salvare quelle modalità di esercizio della politica tramite i Partiti e tramite la relazione virtuosa tra i diversi soggetti politici, sociali, economici da tenere in campo per orientare e influenzare il contesto territoriale l’orientamento dei mercati determina, ma anche per far avanzare nuove classi dirigenti in grado di gestire le attuali mai registrate criticità.