Cambiamo un po’ per la seconda puntata di questo scaffale.
Libro tedesco, Il passo del gambero, Günter Grass, Einaudi 2002. E non un saggio, ma un romanzo. Facciamo un viaggio nella storia tedesca recente, nella vicenda di una nave, per allontanarci (il giusto) dal panorama dei disastri nazionali. Sospendiamo un attimo il montacarichi di Assago per il concerto dei Kiss, lo smottamento nella cava a Nuvolara, il dramma genovese del crollo della torre pilota, la storia ‘tutta italiana’ della Costa Concordia, la stazione di Viareggio del 2009. Ce ne sono molte di cose da non crederci. Eppure sono successe. Per esempio è successo che la più grave delle tragedie in mare, a numero di vittime, risulti quella di un transatlantico che si chiamava Wilhelm Gustloff, salpato da un porto polacco il 30 gennaio del 1945 e diretto verso il porto tedesco di Kiel. Non era una nave di ‘buoni’: varata durante gli anni d’oro del Nazismo come esempio dei regali che il Reich sapeva offrire alla sua gente, era servita prima per portare in crociera la Gioventù hitleriana, e poi, come nave ospedale per i feriti dell’esercito nazista. Nel 45′, quando l’Armata rossa aveva cominciato a vincere senza più esitazioni e a penetrare in Polonia (vedi anche il problema storico di una cosa che si chiama “strage di Nemmersdorf”), la Gustloff fu convertita a nave salva nazisti, in un’operazione che cercava di ‘riprendersi’ i tedeschi sparsi nei paesi che Hitler aveva conquistato, e depositarli, in salvo, su suolo germanico. Così, ci racconta questo libro, il 30 gennaio del 45′ la nave salpa da Gotenhafen, assiepata da più di diecimila passeggeri. Avanza navigando nel Mar Baltico per tutta la giornata. Alle nove di sera viene silurata da un sottomarino russo, capitanato da un comandante canaglia e un po’ sbruffone, che all’anagrafe storica è l’eroe russo – o l’assassino di innocenti Alexandr Marinesko. E’ Marinesko a far lanciare tre siluri in punti diversi dello scafo della Gustloff, che inizia velocemente a inabissarsi. Il sottomarino si defila mentre sulla nave inizia l’inenarrabile. I sopravvissuti saranno solo 1252, contro qualcosa come 8500 persone mai arrivate a Kiel.
Il libro è fatto a forma di scalata. Quindi l’inizio è duro. Ma poi arrivano le vedute, come da una vetta: “Non riesco a descrivere ciò che accadde. Dico solo questo: una parte dei fuggiaschi raggiunse i porti di Pillau, Danzica e Gotenhafen. A centinaia di migliaia si accalcarono a bordo di navi da guerra, navi passeggeri, navi mercantili (..) Proprio all’ultimo, quando non entrava più uno spillo, furono comunque imbarcati altri feriti e ancora una squadra di ausiliarie, tutte ragazze giovani, e poiché non c’erano più cabine libere e le sale erano diventate una distesa di materassi, vennero sistemate nella piscina svuotata, dunque nel ponte E, al di sotto della linea di galleggiamento (p. 95)”.
E’ probabile che non sentirete il contrappasso etico, fino alla fine, ma solo il piacere di leggere. Però poi il contrappasso etico potrebbe arrivare: ed è quello di prendere un po’ di distanza dalla nostra situazione contemporanea e riflettere sulle croci altrui. Oltre a essere una perla letteraria Il passo del gambero potrebbe cioè anche far pensare al fatto che non viviamo nel calcagno d’Europa, e che ogni cultura ha i suoi scandali di memoria e forme bieche per aggirarli, o per vivere senza la coscienza di averli conosciuti. Per esempio, anche la Germania.