Appena iniziati i lavori di rimozione del relitto della Costa Concordia dall’Isola del Giglio, è subito scattata la gara a chi la sparava più grossa: c’è chi si sperticava in assurde (e scontate) metafore su “la Concordia che si rialza come l’Italia” (Saviano), il solito complottista di turno che dietro i lavori di rimozione ci vede chissà quali interessi(inutile chiedersi il perché, è una posizione del tutto illogica, irrazionale) e poi arriva il vincitore di questa assurda gara: Nichi Vendola, il leader di SeL, il partito beauty case del Pd.
Il Presidente della Regione Puglia, ci delizia con una delle sue supercazzole alla Conte Mascetti: “Naufragio Concordia: affondati nella vergogna di insopportabile abuso che navi crociera compiono in nome di un ideale del consumismo”.
Per carità di patria non commento l’italiano approssimativo di questa frase e mi concentro sui contenuti dell’ennesima massima dello statista barese.
La frase è un concentrato di populismo di sinistra, demagogia un tanto al chilo e soprattutto tanto, tanto moralismo: perché in un momento di crisi è brutto andare in vacanza, è brutto divertirsi mentre si fanno i sacrifici (come se nel 2013, in crociera ci possano andare solo i ricchi borghesotti della prima classe e al massimo qualche disperato che ha vinto i biglietti per la terza classe a carte, come in “Titanic”), insomma la frase, si può sviluppare in un concetto un pochino più articolato e meno elegante dei contorti bizantinismi del leader di SeL: “Io, la gente che si diverte e va in vacanza, la arresterei”. Inoltre, non si capisce perché una tragedia come quella della Costa Concordia sia stata compiuta in nome di un ideale (quello consumista poi..) quando si è trattato di un grave, quanto ingiustificabile, errore umano.
Ora: un politico di livello nazionale e un amministratore regionale (che poi cosa/come amministri non si sa, vedere il caso Ilva) non dovrebbe permettersi questi “giudizi di merito” (ma questo è uno dei mali atavici di una certa sinistra pasta e mandolino, quella di una pretesa “superiorità morale” verso una parte del Paese) su un comparto, quello delle crociere, che dà lavoro a parecchie persone, molte delle quali giovani.
Concludo facendo un pensiero anche alla nostra Livorno, che da anni sta attraversando una durissima fase di riconversione da città industriale a città a vocazione turistica: se vogliamo diventare un “hub” almeno regionale per il turismo crocieristico, c’è un partito in città che deve farsi un esame di coscienza e chiedersi se vuole cogliere un’eventuale occasione di sviluppo per la città e i suoi abitanti, oppure rifiutarla in maniera ideologica in quanto le crociere sono frutto del “consumismo”.