Le primarie del PD sono alle porte. Manca poco. Ma non così poco da non farci riflettere sul grande meccanismo mediatico che sta alla base di questo genere di operazioni politiche. Berlusconi ci ha insegnato (e forse stiamo esagerando un po’ tutti) che l’elettorato non è più tale ma diventa un pubblico al quale presentare il programma che troppo spesso diventa show. Per questo un candidato vincente (nel senso che abbia intenzione di vincere) non può sottovalutare questo aspetto e deve rendere accattivante la propria campagna per il proprio target. E anche questo aspetto non va sottovalutato. provo a spiegarmi: il target in pubblicità (almeno in origine) è un soggetto passivo che subisce la persuasione del messaggio pubblicitario. Con il tempo e con l’era social questa condizione dominata si è trasformata in una comunicazione bilaterale che però non ritrovo in politica. Perché? Bè per due motivi a mio parere: primo perché la maggior parte dell’elettorato è raggiunto attraverso i media tradizionali, prima tra tutti la televisione e anche in questo Berlusconi la fa da padrone. secondo perché tropo spesso, anche laddove ci dovrebbe essere un dialogo, il politici o il personaggio pubblico fanno un monologo. Vi è mai capitato di leggere un post del vostro candidato preferito, commentarlo e non ricevere mai una risposta? Sui social si dovrebbe postare e interagire un minimo, soprattutto laddove sono presenti delle critiche o dei giudizi negativi. Per tutto questo mi permetto di analizzare, nel mio piccolo, le campagne mediatiche dei tre candidati alla Segreteria del partito, per capire come si sono mossi, come si muovono e se possono risultare efficaci.
Partiamo dal favorito, almeno dalle ultimi risultati che seguirò per dare un ordine alla mia analisi.
Matteo Renzi. L’Italia cambia verso.
Matteo Renzi, è l’asso della comunicazione politica del momento. Le sue parole persuadono, la comunicazione è accattivante e il personaggio mediatico sta crescendo. Riesce a dare stoccate risultando comunque garbato, è frizzante quanto basta, ha lo stile giovane alla Fonzie ed è capace di dire tutto e il contrario di tutto grazie all’avversativa reggae. Detto questo passiamo alla sua campagna politica. La prima cosa che salta all’occhio è la grafica. Sufficientemente carina, dai colori sobri ma non certo istituzionali, (azzurro e color corallo non sono propri della sinistra diciamo così) giovanile ma, a mio parere quasi illeggibile. La scelta creativa è stata quella di seguire con la grafica lo slogan (il claim, altrimenti i professionisti mi uccidono, giustamente).
Quindi il testo è diviso su due righe in cui la prima ( che ospita le parole per così dire negative) è scritta al rovescio in favore del verso dritto della seconda riga che raccoglie le parole positive e gli obiettivi della campagna. Anche se l’idea creativa potrebbe essere se vogliamo originale, la realizzazione pratica lascia a desiderare per la cattiva leggibilità dei messaggi. Siamo tutti giovani è vero, ma non solo. E comunque occorre sempre mantenere la chiarezza del messaggio e ridurre al minimo le cattive interpretazioni. Per il resto il sito (www.matteorenzi.it) è aggiornato e come social siamo davvero a posto: la pagina facebook personale del candidato c’è anche se difficilmente anzi quasi mai interviene nei commenti; esiste un account google+; è attivo un profilo instagram e anche un profilo twitter dal quale è stato creato un hashtag #matteorisponde per dare vita a quel dialogo mancante con il candidato che è andato in onda anche sul canale you tube. A onor di cronaca sul sito troviamo anche le donazioni che sono state raccolte, l’elenco dei finanziatori e dei comitati che lo hanno sostenuto anche con 10 euro e infine la somma che è stata raggiunta.
Gianni Cuperlo. Bello e democratico.
Gianni Cuperlo è un politico vecchio stampo. Serio, affidabile e uomo d’esperienza che per anni è rimasto nell’ombra ma probabilmente ha fatto molto più di altri. Questa esperienza politica però si nota nella sua campagna mediatica che, purtroppo, ha ben poco di innovativo. Partiamo dal claim: bello e democratico. Non può non venire a mente il bello e impossibile della Nannini e quindi se è venuto in mente anche a voi la campagna ha già fallito. Al democratico abbiamo abbinato l’impossibile e questo non va per niente bene. Ma procediamo per ordine: la grafica è classica e semplice mentre i colori non sono istituzionali e danno in effetti la botta di vita che mancava. Dominano il verde petrolio e il rosso magenta e ad ogni tematica è abbinato comunque un colore deciso. Poi troviamo una serie di elementi grafici scaricabili dal sito per sostenere il candidato e personalizzare i propri social e questo potrebbe sicuramente essere una buona idea. E infine troviamo le cartoline: la bellezza di dire diritti, la bellezza di dire lavoro, una dedicata alle donne e una alla fiducia. Si trovano le stesse parole di sempre e quella marcia in più manca ancora. Passiamo ai social: facebook presente, twitter pure e canale youtube anche. Il profilo google+ però anche se attivato non sembra attivo e racchiude principalmente gli interventi video del candidato o spezzoni delle trasmissioni. Il sito (www.giannicuperlo.it) invece è sobrio (in linea con la campagna) e aggiornato: manca la sezione donazioni ma è stata inserita un’area informativa per guidare l’elettore al voto.
Giuseppe Civati. Le cose cambiano, cambiandole.
Pippo Civati è l’altra anima giovane di queste primarie 2013. Bravo ragazzo, impegnato in politica già da un po’, che però si concede ancora dei colpi di testa come quello degli ultimi giorni sulle dimissioni del Ministro Cancellieri e un linguaggio spesso senza mezzi termini. La sua campagna come candidato alle primarie però sembra essere poco immediata. Il claim è cervellotico: il cambiamento al centro ok, ma inteso come strumento e mezzo, espresso in termini che si somigliano troppo e si ingarbugliano. Il logo ha i colori istituzionali del tricolore e si articola sull’equa forma del quadrato. La campagna invece vede il candidato ritratto in foto in vari contesti e questa potrebbe essere una forma di impegno in prima persona senza shooting fotografici da divo dello spettacolo. Ma i testi racchiusi in quelle parentesi quadre danno quel che di indeciso, sospeso, tra parentesi appunto. E poi diciamocelo: inserire citazioni dei propri discorsi risulta un po’ pesante. (dicono tra l’altro che non entrano in un tweet). Dal lato social invece anche in questo caso siamo ben forniti: facebook, twitter, il canale you tube e sorpresa delle sorprese un profilo flickr e addirittura un blog molto attivo. Queste due scelte finali mi incuriosirono perché in effetti non si è adeguato alla massa ma soprattutto con il blog, Civati ha voluto creare un diario giornaliero per rendere partecipi i propri elettori dell’evoluzione della sua campagna. Anche nel suo caso il sito (www.civati.it) è aggiornato e in homepage troviamo subito il risultato raggiunto con le donazioni che dà un messaggio di immediata trasparenza. Si indica anche l’obiettivo da raggiungere e lo stato di avanzamento. Una pecca per finire, però. Il nome del candidato viene storpiato un po’ troppo e questa operazione fa pensare troppo ad un adolescente: troviamo Civatizzati nel sito alla pagina per il download dei materiali per la personalizzazione e la promozione della campagna, #Civoti per la pagina dedicata ai sostenitori e Ciwati per la pagina del blog. Forse Giuseppe ha esagerato.
Che dire? Diamo i voti?
No, lascio a voi la scelta.