L’Università degli studi di Milano nasce nel 1924, esordio decisamente recente se confrontato con le altre università, soprattutto con Pisa – 1343-, dalla qual derivo.
Il corpus fisico si compone di un edificio principale, chiamato Ca’ Granda, in via Festa del Perdono, costruito sul progetto dell’architetto toscano Filarete nel 1456, usato inizialmente come ospedale cattolico, i cui segni sono ancora visibili nella facciata della ex chiesa, ora entrata principale.
La struttura è davvero bella, composta da un grande cortile centrale con il prato, che condividiamo tutti, e tanti piccoli cortili attigui, uno per ogni polo.
A Pisa la mia Facoltà era collocata in una viuzza angusta, conosciuta solo da noi scienziati politi e da i piccioni. I piccioni la conoscevano sicuramente meglio perché era davvero piena di simpatici ricordini dei simpatici volatili. A quelli di Giurisprudenza andava un po’ meglio, ma dopo il terremoto la facoltà è chiusa e riaprirà tra un bel po’. I poveracci del Ricci, quindi tutta l’area umanistica, si lamentavano da sempre delle poche e piccole aule, per non parlare del fu CMT al quale fu negato pure l’acceso al cinema Lumiere per le proiezioni. Di medicina, economia e ingegneria nulla so, però, per quanto ho visto, Milano dal punto di vista di strutture batte Pisa su tutta la linea. Perché studiare in un bel posto ti fa venire ancora più voglia.
MILANO 1 – PISA 0
Io posso parlare solo della mia esperienza personale – come sempre farò tra queste pagine – non essendo una giornalista di professione e cercando solo di offrirvi il mio punto di vista, di una che le cose le sperimenta in prima persona.
I miei rapporti con Unimi sono iniziati perché a settembre ho voluto iscrivermi alla specialistica in Scienze dello Spettacolo, e Milano, con i suoi 40 teatri ufficiali (non contando gli sperimentali, i centri occupati e le compagnie vaganti) e con la sua storia di grandi figure alle spalle, è ancora uno dei pochi centri validi per questo tipo di studi.
La domanda di iscrizione è avvenuta via mail, ma essendo io un po’ tarda riguardo all’uso di tecnologie ed affini, mi è sorta l’esigenza di chiamare. Ed eccolo lì, il numero verde. Che è un numero verde vero, con tanto prefisso 800 di fronte al numero. E’ il numero del Servizio Informativo segretariale studenti. Io chiamo: musichina rilassante da attesa, la voce elettronica mi avverte che sono la nona nella coda di chi aspetta di parlare con l’operatore. Ogni volta che scalo posizione e mi avvicino al momento in cui parlerò la voce elettronica mi avverte e mi dice il tempo stimato di attesa. Attendo.
Riesco a parlare con l’operatrice, molto gentile, che mi dice che alle mie domande non può rispondere lei, che si occupa solo dell’area amministrativa, ma che dovrei chiamare direttamente il mio polo, essendo l’Università composta da diversi poli con indirizzi ed informazioni differenti.
Dentro di me sale il panico, non riuscirò mai a trovare quel numero, pippa con la tecnologia come sono. Ma no, no panic, lei mi mette direttamente in contatto con il centralino dell’area umanistica e mi fornisce pure un indirizzo e-mail da contattare nel caso mi sorgessero nuovi dubbi.
MILANO 2 – PISA 0
Risolvo i miei problemi e mi presento per il colloquio preliminare per l’ammissione alla laurea magistrale. Colloquio che avrebbe dovuto essere una formalità, invece per me si rivela uno scoglio insormontabile, provenendo io da Scienze Politiche ed avendo quindi delle discrete lacune accademiche su tutta l’area umanistica. 48 crediti di lacune, cioè, 6 esami.
Al colloquio i professori sono gentili e beneducati, mi forniscono varie opzioni per sopperire alle mie mancanze, tra cui: iscriversi alla triennale in beni culturali (tanto io non ho da entrare nel mondo del lavoro e mi piace collezionare triennali inutili), cercare un altro corso di laurea più attinente alle mie competenze acquisite o iscrivermi ai corsi singoli.
Cosa sono i corsi singoli? L’iscrizione ad un singolo corso, che deve essere effettuata da chi non è iscritto all’Unimi, ti da l’opportunità, su pagamento di circa 100 euro, di poter dare solamente quell’esame specifico al quale ti sei iscritta, potendo così colmare la tua lacuna. C’è pure a Pisa questo giochino, ma lo posso fare a gratis, iscritta all’Università (così con la tesserina ho diritto a sconti e mangio in mensa), mentre porto avanti intanto la mia laurea magistrale.
MILANO 2 – PISA 1
La prof mi lascia la sua e-mail e si rende disponibile per qualsiasi cosa io abbia bisogno. La prof, c’è da dirlo, è una grande. Si chiama Maddalena Mazzocut – Mis ed insegna Estetica. Il mio rapporto con i docenti dell’Unimi per il momento è alquanto piccolo, riducendosi a Mazzocut, della quale sono pure andata a vedere uno spettacolo da lei scritto, recitato all’esposizione di sculture di Rodin dentro Palazzo Reale, e a Marina Cavalli, docente di letterature teatrale della Grecia antica, che deve avere evidentemente qualcosa contro i livornesi, ma che comunque si è messa a completa disposizione nei miei confronti.
Ora dovrei parlare dei prof che ho incontrato all’Università di Pisa, ma mi limito a dire che uno era talmente odioso, vile e cattivo con gli studenti, che volevo riprenderlo e schiaffarlo su Youtube per offrirlo alla pubblica piazza e farlo linciare, solo che poi mi hanno detto che non mi sarei più potuta laurea. A Pisa si vive a metà tra menefreghismo e terrore, tra pressapochismo e pignoleria estrema e sadica. Non ci sono molti rapporti umani, e quei pochi, sono interessati, politicizzati. Sarà per la ristrettezza delle risorse, perché sono in 4 a contendersi un pezzo di pane, per la decadenza delle strutture, per il provincialismo che ci attanaglia. Non so. So solo che qui ho trovato finora delle persone, prima ancora che dei docenti. E non parlo delle Università private, perché lì è facile dire “ti sono amici perché li paghi”, ma anche in NABA o in Cattolica vale lo stesso discorso.
MILANO 3 – PISA 1
I libri, croce e delizia della mia esistenza.
A Pisa era tutto un fotocopiare. Ricordo che dicevo a mia madre il prezzo di copertina del libro e in realtà me lo prendevo fotocopiato, e con il resto erano caffè e sigarette. A Pisa compravi i libri scritti da qualcun altro, e quando ti capitava di dover comprare il libro del prof avevi un bel giramento di scatole, perché pensavi che questo si volesse arricchire su noi poveri studenti. E quindi di nuovo fotocopiavi, ma per scelta politica.
A Milano tutti, e dico tutti, i libri d’esame sono scritti dai prof, a parte alcuni essenziali, tipo Eschilo e Euripide, che mi pare chiaro non li possa scrivere il prof, ed alcuni di drammaturgia, come Peter Brook, o Artaud, che sono grandi maestri e non si può prescindere da loro.
Io li ho comprati questi libri, originali. Alcuni usati al Libraccio (meravigliosa cattedrale del libro, usato e non), alcuni su Amazon e IBS, e sotto i 15 euro c’è poca roba. Per la preparazione di solo due esami sono arrivata a spendere la bellezza di 150 euro.
MILANO 3 – PISA 2
Il prezzo è un conto, ma il contenuto è tutt’altra storia. I libri che sto leggendo per l’esame sono davvero belli ed innovativi. Anche se me li fate pagare a peso d’oro, io sono contenta di leggermi e di allargare davvero i miei orizzonti imparando qualcosa. Non le solite infarinate retoriche trite e ritrite, che quando leggevi che erano sempre i soliti tre autori da studiare (e non scherzo: Marx, Weber e Rousseau) ti venivano le bolle. “Ma cambia il punto di vista!”. Ah già, il punto di vista.
MILANO 4 – PISA 2
Che dire ancora? Io ho finito qui, non mi vengono in mente altre pietre di paragone per valutare la validità di Università o meno. Se vi vengono in testa a voi lettori, scrivetemi e cercherò di trovare volentieri risposte. Mi devo ancora confrontare con la grande prova dello studente universitario, l’esame, ma ve lo racconterò molto volentieri dopo il 17 dicembre.
L’Università degli studi di Milano funziona, e lo dimostrano le iscrizioni crescenti e soprattutto la faccia contenta di studenti e docenti della facoltà. Ricordiamoci comunque che siamo in Italia, e tante cose sono da buttare in Lombardia così come in Toscana, ma qui si ha l’opportunità di vedere un modello migliore di insegnamento, dove si mira ad avere la massima soddisfazione con il minimo sforzo, non ad assicurare poltrone a vecchi docenti annoiati e annoianti. Il sapere rimane qui una cosa bella, nutriente e spendibile, non arroccata nella solita torre d’avorio degli intellettuali. Perché, per quanto ci piaccia essere radical chic e di sinistra, lo stomaco conosce delle ragioni che la ragione non conosce, ed io uscita dall’Unimi posso trovare da lavorare e da mangiare. Anche con Scienze dello Spettacolo.