Pier Giorgio Gawronski, giornalista free-lance, nonché attivista nel PD (nel 2007 si candidò alle elezioni primarie per la segreteria del partito), ci offre uno spunto di riflessione molto interessante. Come avrete letto nell’articolo di Tommaso Masini, i Rolling Stones ritornano alla ribalta con il loro tour, giungendo nel Bel Paese a Roma. In Italia vi è una considerazione dei beni culturali che è abbastanza insolita; piuttosto che incentivarli e rivitalizzarli mediante delle concessioni a privati, oppure promuovendo delle mostre, degli eventi che possano portare il cittadino ad essere curioso, tutto ruota intorno al profitto finale.
Come si evince dall’articolo che Gawronski ha scritto per “Il fatto quotidiano” ma anche da Manlio Lilli, in Italia vince il modello di creare delle vere e proprie operazioni di mercato dal quale fruttino introiti “inimmaginabili” . Chi si ricorda la chiusura del Ponte Vecchio a Firenze, nel 2013, da parte dell’allora Sindaco Renzi? Una sola serata ha portato ad un introito di 120mila euro. Niente male, insomma… In questa logica rileva il concerto dei Rolling Stones a Roma, che avverrà proprio in uno dei luoghi indistinti ed unici romani: il Circo Massimo. Il luogo è maestoso, è un incrocio di storia, cultura ed innovazione; vi è una vista di Roma che farebbe venire i brividi anche al più cinico del mondo.
Ma ecco, condivido con Pier Giorgio quando afferma che ciò che manca agli italiani è avere il dono dello sviluppo e della conservazione dei beni pubblici. Il Circo Massimo è già stato soggetto a danneggiamenti vari, ai tempi del festeggiamento dello Scudetto. Eppure, ciò non sembra far riflettere il Sindaco Marino, che è anzi “fiero” di quest’iniziativa, affermando che si vede realizzato “il sogno che aveva fin dal giorno della sua elezione” . Se questa medesima considerazione si applicasse a tutti i monumenti di cui l’Italia è piena, si avrebbe una sostanziale distruzione di ci che, non solo è archeologia, ma è altresì un potenziale culturale su cui l’Italia può, e deve, investire!
L’Italia è colpita da lobby artistiche e di mala gestione dei beni culturali da fare paura. Non so se vi ricordate la distruzione della Città della scienza a Bacoli (NA). Inutile dire che la questione venne subito soffocata dalle televisioni nazionali, dopo un cenno frettoloso alla descrizione della situazione; Pompei cosa vi dice? Sono unite da un profondo legame sottile, che è inutile esprimere a parole, posto che vi ritengo abbastanza intelligenti da farvi arrivare da soli. Basti pensare che a Roma capita di frequente, passeggiando per i centri commerciali, di imbattersi in resti di strutture antiche: alla Bufalotta vi è un mosaico a tessere bianche e nere con rappresentazioni di scene marine; al Quartaccio vi è un lastricato di una strada romana che è visibile all’interno di un negozio di calzature. Son tutte considerazioni, queste, che non mi stupiscono (purtroppo). Non mi stupiscono perché il rammarico è un sentimento che va scemando, dianzi a scelte politiche. Perché? Ho parlato di centri urbani che sono metropoli (Napoli, Roma, ma anche Torino, Verona sono soggette continuamente a degradi di siti artistici, e così via…) ma l’altra faccia della medaglia è quella del non saper essere meritevoli di ci che abbiamo. Non mi è mai piaciuto parlare delle cose di cui per prima non ho un contatto diretto; a Pompei ci sono stata, per cinque volte, e quindi posso dire (perché l’ho visto con i miei occhi) che la noncuranza era all’ordine del giorno. Alla città della scienza ci sono stata, ed era un vero e proprio diamante per la città (nonché, insieme alla Città della scienza a Valencia, il fiore all’occhiello europeo per le arti scientifiche), ma era troppo “scomoda” e quindi… appicchiamoci un fuoco.
Quindi da tutta questa elencazione voglio menzionare anche Livorno, dato che è la città con cui ho il maggior contatto diretto possibile, vivendoci. La vicenda della mostra di Modigliani ne è un esempio, ma ne sono esempi altre serie di considerazioni: il museo Fattori, che credo la maggior parte dei livornesi non ha mai visitato neanche per mezza volta; le ville che dovrebbero essere il “polmone verde” per una città, non valorizzate per come dovrebbero essere; il Museo di Storia del mediterraneo; l’Acquario, e potrei continuare per ore… Ah già, ma forse preme di più lo stadio nuovo. Quindi, ecco quello che volevo dire: la coscienza di chi sta ai vertici è equivalente alla coscienza di chi vi sottostà, ossia il cittadino. Se per primo il cittadino rifiuta di fare dei beni che possiede un valore inestimabile, non possiamo pretendere poi più di tanto. Lo ha detto anche De Andrè che “dal letame nascono i fiori…” .