Ho conosciuto Pippo Civati nel 2011. L’avevamo invitato alla “Festa” a Collesalvetti e lui, in veste di consigliere regionale “ribelle” del Partito Democratico, dimostrava già allora verve, intelligenza, simpatia. Mi ricordo che, dopo il dibattito, cenò insieme a noi volontari e alla fine lo accompagnammo nell’agriturismo nel quale dormiva solo in tarda notte. Ci fece davvero una bella impressione. Successivamente, l’ho seguito in molte delle sue apparizioni pubbliche o mediatiche e, quando ho potuto, sono andato ad ascoltarlo anche di persona. L’ultima volta è stata a Luglio 2013 a Reggio Emilia. Al Politicamp – oltre a conoscere tanti ragazzi da tutta Italia che mi hanno fatto ben sperare – ho apprezzato la voglia di discutere di idee, di diverse “visioni” dell’Italia e dell’Europa, senza farne motivo di divisione ma anzi di stimolo. Nei mesi successivi, però, non ho condiviso il bisogno – talvolta appena accennato, talvolta esternato esplicitamente – di distinguersi dal partito del quale Pippo, come me, fa parte. Non avevo condiviso, a dire il vero, nemmeno la querelle sull’elezione del Presidente della Repubblica, ma lì il peccato originale è stato l’impallinamento di Prodi e, quindi, visto anche il momento di confusione totale, lo capisco. Capisco – strategicamente, non politicamente – il non-voto di fiducia al governo Letta, perché in quel momento, molto probabilmente, distinguersi dal resto del Parlamento poteva giovare ai fini del Congresso autunnale ormai prossimo.
Non sopporto più, però, tutte le prese di posizione successive al voto del 8 Dicembre scorso. Mi dispiace pensarlo, ma le trovo strumentali a ricavarsi uno spazio di opposizione interna che, anziché rappresentare legittimamente una diversa visione politica – già esplicitata in fase congressuale ma, permettetemelo, di notevole minoranza rispetto all’elettorato – tende a puntellare il Partito Democratico e, di riflesso, il Governo ad uno stato di eterna incertezza. Come se non bastasse già quella dipesa da una flebile alleanza quale quella con il Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano e i reduci dalle macerie dell’ex UDC & company.
Insomma, anziché fare fronte comune in un periodo dove il nostro partito è legittimato dal voto plebiscitario delle elezioni europee a rappresentare la guida del Paese (glielo ha riconosciuto in questi giorni persino Grillo, anche se credo che questo attestato di stima non durerà) si sente il bisogno di indebolirlo, autosospendendosi dal gruppo nel Senato, facendo appello ad un diritto di dissenso. Senza però ammettere che, nel merito, chi fa parte di una commissione rappresenta il partito nel suo complesso e tutti i suoi elettori e, proprio perché sintesi necessaria di più posizioni, dovrebbe – ma è ben cosciente di ciò – avere meno margine di autonomia rispetto a quello che ha in sede di assemblea parlamentare o di partito.
A quale pro la discussione attuale? Se il bene da tutelare è la Costituzione, per favore discutiamone nel partito, senza preconcetti, ma tenendo presente che la Costituzione è – e lo era anche nelle intenzioni dei padri costituenti – modificabile. E accettiamo che esistono posizioni di minoranza e quindi, in quanto tali, in sede di voto parlamentare si adeguino alla maggioranza. Altrimenti è l’anarchia. Se poi si pensa che il nostro Partito possa trovare nuove alleanze su queste riforme, cerchiamole. Ma queste alleanze dovranno essere affidabili. Perché se l’esempio è quello di SEL, i movimenti interni di questi ultimi giorni ci dimostrano tutto tranne che stabilità e affidabilità. Se poi crediamo che questo Parlamento non sia legittimato a procedere ad una riforma della Costituzione, il discorso è diverso e più profondo. Ben inteso: io sarei il primo a voler andare al più presto a nuove elezioni ma, senza una legge elettorale nuova – che pare vincolata ad una riforma del Senato, a meno di non ridiscutere tutto quanto fatto finora – non credo sia possibile farlo. Ma se guardo alla volontà di cercare nuove alleanze da parte dello stesso Pippo, mi sembra che quest’ultima opzione non rientri più tra quelle attuali (forse qualche effetto il voto delle elezioni europee l’ha avuto).
Se, invece, la discussione ha lo scopo di garantire a chi la alimenta uno spazio di visibilità e di peso – proprio perché gli alleati di destra questo peso non lo hanno più – allora, caro Pippo, non ci siamo. Perché il sentore – e mi dispiace anche pensarlo – è che qualcuno stia facendo di tutto per minare il percorso di questo Governo, cercando appoggi e appigli esterni (vedi i messaggi alla società civile – qualcuno poi mi dovrà spiegare chi è questa “società civile” e chi rappresenta, perché io ai non-schierati non ho mai creduto – e agli esponenti di SEL e M5S), accrescendo così un ruolo di leadership di parte. Auspicando addirittura nuovi “spazi politici”. Insomma, facendo una cosa alla quale siamo abituati e che spesso hanno fatto i capibastone di partito negli ultimi vent’anni. Atti di puro masochismo, che hanno permesso ai nostri avversari politici di vivere e governare indisturbati. Se è questo lo scopo – o, magari non lo è nelle tue intenzioni ma capirai che è comunque l’effetto finale – ti prego, caro Pippo, cambia rotta.
Tra qualche giorno sarai a Livorno. Hai scelto di fare il Politicamp nella città dove è nata la sinistra. Ti avranno già informato su tutto quello che è successo qui e, soprattutto, sul perché questo sia successo. Allora, come saprai, a Livorno non ha perso la sinistra. Non ha perso il PD. Ha perso un sistema conservatore (sì, perché a Livorno la sinistra non era riformista ma bensì conservatrice) dal quale tutti – anche quelli che, tanto schifati, adesso hanno voltato le spalle al “sistema” – per anni hanno munto. La “vacca grassa”, il PD, manteneva tutti “in collo” (come si dice dalle nostre parti) senza voler scontentare nessuno. E, siccome in politica come nella vita si devono fare delle scelte altrimenti non ci si muove, il risultato di voler garantire tutte le posizioni è stato quello di non fare le scelte importanti per la città. La quale è peggiorata di anno in anno. E la cittadinanza, giustamente, ha punito chi ha non-governato, decidendo di voltare pagina a tutti i costi. Ci fosse stato Brunetta o Gasparri al posto di Nogarin, avrebbero votato anche loro. Tant’è che le dichiarazioni d’amore della destra locale ai pentastellati prima del secondo turno non hanno sortito alcun effetto sul popolo “di sinistra” livornese. E, aggiungo, uno dei fattori determinanti nella sconfitta del PD è stata la creazione di uno spazio politico alla sua sinistra, Buongiorno Livorno, che aveva come missione politica quella di rappresentare la “vera sinistra” e di portare il PD al ballottaggio. Peccato che al ballottaggio ci sia andato il M5S anziché Buongiorno Livorno, con i risultati che tutti sappiamo.
Insomma, Pippo, ti faccio tanti auguri per questa tre giorni di discussione. Che sia proficua e partecipata. Ma ti invito a non confondere il dato nazionale con quello locale e, soprattutto, a non intraprendere strade che portino lontano dal Partito Democratico. In tutta sincerità, non se ne sente il bisogno.