“Oh mi raccomando eh, sentiamoci magari su Skype!” Non so a voi, ma ultimamente mi è capitato spesso di dire una frase del genere a degli amici. Gente che ad un certo punto dice: ora basta, prendo e me ne vado. Il fenomeno dell’emigrazione dall’Italia, ed in particolar modo quella giovanile, ha assunto dei contorni via via sempre più definiti e larghi negli ultimi tempi. Chi va all’estero lo fa per tanti motivi. Dai più romantici, come la voglia di cambiare vita oppure il desiderio di affermarsi o fare esperienze fuori dai confini di casa, ai più duri. C’è chi se ne va per sfuggire ad un futuro che non convince per rincorrere delle prospettive e dei sogni che nel proprio paese non riesce a ritrovare. L’Istat ci dice che nel 2012 l’aumento di italiani i quali decidono di lasciare i luoghi d’origine per cercare fortuna e dignità lavorativa è del 35,8% rispetto all’anno precedente per un totale di circa 78.000 persone.
Perché provare ad interpretare un fenomeno così complesso, quando posso chiederlo direttamente ai miei amici che ho salutato e che sento ogni tanto su Skype? Iniziamo da Giacomo Galardini.
Giacomo, dicci qualcosa di te. Cosa stai facendo e come lo stai facendo?
Ho appena compiuto 25 anni, e da settembre ho iniziato questo percorso, che è una via di mezzo tra un master e una laurea specialistica in giornalismo. Il nome è “Journalism, Media and Globalization”. Il corso è in inglese ed è organizzato all’interno del programma europeo Ersamus Mundus. Siamo 101 studenti da 48 paesi differenti. L’atmosfera è indescrivibile e il livello di studio è molto esigente. Dopo il primo anno in Danimarca, mi specializzerò in “International Political Journalism” all’università di Amsterdam. Sempre che non diventi un bohèmien. Se volete seguire le mie avventure, questo è il mio blog http://infogala.wordpress.com/author/diegala/ .
Sei stato in Germania e in Danimarca. Cosa deve copiare l’Italia da questi due paesi e cosa questi due paesi dovrebbero copiarci.
Innanzitutto credo che in tutte e tre le nazioni debba crescere un percorso di coesione culturale per poter un giorno arrivare ad avere un’identità europea, che ancora manca. Da queste due nazioni l’Italia dovrebbe imparare a superare il concetto del NIMBY (Not in my back yard) riuscendo a sorpassare le divisioni sociali che caratterizzano una qualsiasi scelta e che dimostra l’assenza di unità d’intenti. Fuori dall’Italia il concetto di stato, nazione e società sono molto più forti. Allo stesso tempo, entrambi i paesi dovrebbero imparare ad avere una mentalità più flessibile nella vita di tutti i giorni: ammetto di essere stato multato per aver attraversato fuori dalle strisce pedonali.
Sei all’estero per formarti. Hai intenzione di tornare, una volta finito questo percorso?
Non so cosa mi riserverà il futuro, mi lascio tutti gli scenari aperti. Certo, il freelancing in Italia è reso difficile dalla scarsa sicurezza contrattuale e dalla situazione dei giornali in generale, ma se ci saranno le condizioni può darsi che tornerò in Italia. Di certo la mia città purtroppo non mi offre moltissime alternative in questo lavoro, cosa che invece l’estero può offrirmi. E’ per questo che ho deciso di specializzarmi in inglese.
Cosa filtra dalla cronaca italiana? Cosa sta succedendo nel nostro paese, visto dall’estero?
I giornali italiani? Lo ammetto, appena apro l’home page delle varie testate divento subito di cattivo umore, quindi per non rovinarmi le giornate ho un po’ smesso di aprire i siti nazionali. Mi concentro più sui blog e riviste di nicchia. Ho seguito diverse votazioni sulla fiducia, elezioni politiche, primarie, elezioni del Presidente della Repubblica, tutte con molta speranza ed esito disastroso, ne ho abbastanza. L’idea che invece hanno gli stranieri dell’Italia? Taccio, per amor di patria.
Quali sono i problemi più grossi che hai incontrato? L’Italia ti agevola in quello che stai facendo?
Non poter votare. Il voto a distanza è disastroso. Quasi tutti i paesi europei hanno il voto per corrispondenza: gli studenti Erasmus italiani invece sono completamente tagliati fuori, e questo è lo specchio di come viene trattata la gioventù italiana in generale. Checchè se ne dica, iscriversi all’AIRE è costoso, complicato e burocraticamente lungo, soprattutto per chi non risiede all’estero da almeno un anno. Trovo personalmente anche inutile non poter votare al senato prima dei 25 anni, ma finchè non sarà la nostra generazione ad agire trovo queste polemiche sterili.
Rispetto alle esperienze che hai avuto, compresa quella politica che abbiamo condiviso insieme, cosa pensi che debba fare la politica per agevolare quelli come te e perché dovrebbe farlo.
La politica dovrebbe riuscire impedire a quelli come me di dover andare forzatamente all’estero per finire il proprio percorso scolastico. Allo stesso tempo, dovrebbe aiutare chi ci va con bandi per la formazione, borse di studio e un riconoscimento europeo per tutte le qualifiche che si conseguono all’estero. Purtroppo manca la volontà per cambiare.
Come si vive in Germania e in Danimarca? Abitudini particolari e consuetudini degne di nota.
Posso parlare più in generale della Germania, dove ho vissuto per più di anno a Berlino. Che posso dire, da una parte le giornate sono corte, buie, senza moltissime ore di luce, e il tempo non è dei migliori. Dall’altra parte, è un altro universo. Potrei fare mille esempi ma alla luce delle mie esperienze posso dire solo una cosa: se potete, andate all’estero. Vi cambierà la vita e non ve ne pentirete mai.
Grazie Gala!