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Il metodo del curriculum. La finta rivoluzione dell’amministrazione Nogarin

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Sin dai primi momenti dello spoglio delle schede elettorali relative al ballottaggio per le elezioni amministrative della città di Livorno il risultato è apparso chiaro: una chiara e diffusa vittoria da parte del candidato sindaco Filippo Nogarin. L’analisi del voto è stata svolta in più luoghi ed occasioni e sebbene con sfumature (anche di una notevole entità) diverse, è apparso unanimemente chiaro che vi fosse una spiccata volontà di cambiamento rispetto al passato.

Volendo riassumere in poche parole, senza la minima intenzione di essere esaustivo, tra i molti che hanno votato in favore del candidato pentastellato, vi è chi optava per un cambiamento tout court, chi desiderava solo “mandare a casa chi aveva mal governato per i 70 anni precedenti”, chi riteneva fosse necessario mandare al potere soggetti che fossero nuovi alla politica, perché ritenuti più onesti, e altro ancora. Ad accomunare tutti però, vi era la convinzione che fosse necessario dare un segnale forte, che nonostante tutto, sul piatto della bilancia, fosse un male minore far insediare a Palazzo Civico dei presunti incapaci piuttosto che coloro che hanno mandato alla rovina la città di Livorno.

Pur non condividendo appieno questa lettura sul riparto delle responsabilità per le difficoltà in cui versa in questo momento la città, parlando con molte persone estranee alla politica, dal professionista all’operaio, passando per lo studente o la casalinga, questo è ciò che emerge più chiaramente.

Partendo da questo assunto, vorrei dare una chiave di lettura a quanto sta accadendo nei c.d. “Palazzi del Potere”. Francamente, stante tutte le premesse, ed avendo assistito praticamente a tutti i dibattiti elettorali, non mi aspettavo niente di diverso dall’attuale maggioranza in comune. La capacità di formulare interventi in un dibattito non è una questione meramente di ars orandi, non è necessario essere Cicerone per convincere i Comizi Curiati, ma quello che viene richiesto è la capacità di convincere sulla base di idee e proposte, cosa quantomeno improbabile negli scarni interventi che raramente superano i cinque minuti dell’attuale Sindaco, abitudine che non è cambiata nemmeno a seguito della sua proclamazione. La caratura del candidato Nogarin era già emersa abbastanza chiaramente dalla sua incapacità di esprimere non solo una qualunque forma di idea per far ripartire la città di Livorno (la medicina) ma anche la mera ricognizione dello stato dell’arte per capire dove stava il problema (la diagnosi). A testimonianza di ciò, ad esempio le scorribande tra le banchine a fotografare le bitte o qualche buca tralasciando in toto i veri problemi del porto quali i fondali, il collegamento ferroviario o le aree sin/sir, o allo stesso modo le mirabolanti esternazioni in tema di trasporto pubblico locale o di ambiente/rifiuti.

Pertanto, non capisco l’attuale meraviglia generale per quanto sta accadendo. La politica è un affar serio, non è roba per improvvisi, occorrono competenze, capacità, esperienze. Per far funzionare la macchina amministrativa non basta qualche bella parola ed un po’ di impegno (però non troppo, fosse mai che si rinunci alle ferie estive nonostante ci si sia appena insediati…), altrimenti si rischia di cadere nell’immobilismo. E la città non ha bisogno di immobilismo, ha bisogno di essere spinta, spronata, indirizzata. Tuttavia di tutto ciò i cittadini ne erano già a conoscenza al momento del voto, era già stato messo in conto. Come era già messo in conto che attraverso il ricorso alle “selezioni pubbliche” i tempi si sarebbero allungati, e le scelte, da esser svolte con senso di responsabilità per la fiducia riposta in un soggetto, si sarebbero trasformate nella migliore delle ipotesi in un’asettica scrematura di curriculum, in modo tale che se vi fossero professionalità anche migliori non sarebbe stato possibile contemplarle solo perché non hanno inviato il curriculum. Tra l’altro, il sistema dei curriculum ha prodotto un’aberrazione di fondo: possibile che a Livorno non ci siano professionalità tali da ricoprire certi ruoli? Devono per forza venire proprio tutti da fuori? Ed inoltre, l’assessore comunale è un lavoro come un altro? Lo può svolgere veramente chiunque? E ancora, ma queste selezioni, che cosa hanno di veramente “pubblico”, quale requisito di pubblicità viene identificato e rispettato? Vi è una qualsiasi forma di controllo da parte dei cittadini in ottica della trasparenza sul modello della legge 190/2012? Oppure attraverso quei curriculum viene salvata la forma ma lesa la sostanza individuando figure che sono comunque legate in qualche modo al movimento cinque stelle? C’è per caso qualche trombato tra le nomine? Non dovevano essere, a detta loro, dei meri portavoce dei cittadini?

Francamente sono più deluso e preoccupato più da questo secondo punto che dalla manifesta incapacità. Quella era già conosciuta. Peraltro non mi meraviglierò se verranno usate sempre più delle procedure sui generis che ledono il consolidato rispetto istituzionale (sebbene questo scarso rispetto delle istituzioni un po’ mi disturbi anche per il timore che l’asticella venga quotidianamente abbassata), avevamo già assistito a episodi indecorosi in parlamento, ma quello che più mi spaventa è il ricorso ai vecchi sistemi della politica da parte di coloro che giacobinianamente si intitolavano di essere i paladini della trasparenza. Non è una questione del singolo nome posto in un incarico specifico, è la questione di un metodo che è stato millantato in campagna elettorale ma che è stato completamente disatteso. E allora dove sta la differenza con il passato?

Mi auguro che questo sia un monito per le opposizioni, che comprendano gli errori del passato, in modo tale da non riproporli. Il cittadino vuole una politica di qualità, svolta da persone competenti che risolvono i problemi della collettività allocando le scarse risorse in modo efficiente, in modo da favorire il benessere generale. Vi sono forze fresche, di grande qualità, non legate a vecchi assetti del passato che attendono solo di essere messe alla prova…è ancora il tempo di guardarsi l’ombelico e di parlare del sesso degli angeli o del riparto delle responsabilità di quello che fu, oppure è forse giunto il momento di ricostruire una vera classe dirigente?

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