“Abbiamo raggiunto uno storico accordo con la Cina per la riduzione dei gas serra, l’amministrazione americana s’impegna a ridurre le emissioni del 25-28% entro il 2025, e il governo cinese assicura che dopo il picco del 2030 interverrà a favore delle politiche ambientali.”
Le aperture dei media americani annunciano i risultati ottenuti da Obama nell’ultima riunione dell’Apec (Asia-pacific economic cooperation) come una vittoria, una boccata di ossigeno dopo la batosta elettorale subita dal Presidente nelle elezioni di midterm.
In realtà, però, gli esiti dell’incontro tra USA e Cina non sembrano limitarsi ad un mero, se pur importante annuncio climatico, e, se proprio si deve individuare un vincitore in questo ennesimo capitolo della lotta tra le due superpotenze non è l’inquilino della casa bianca.
Xi Jinping (segretario generale del partito comunista cinese e Presidente della Repubblica popolare cinese) ha si concesso la riduzione delle emissioni, concessione non certo fatta ad Obama, ma frutto di una serie di politiche ambientali di medio lungo periodo portate avanti da Pechino (a riguardo rimando all’articolo di Giulia Chiama La Cina pulita), ha ottenuto un accordo paritario sui dazi e ha stravinto la partita sul libero scambio.
Nello specifico per quello che riguarda i dazi sono state abolite più di 200 tariffe sui prodotti hi-tech (dai videogame alle apparecchiature mediche) sbloccando un mercato che vale più di mille miliardi di dollari.
Sul libero scambio, invece, la Cina si è messa a capo di uno studio che porterà alla creazione di una intesa commerciale in una zona enorme sull’oceano pacifico composta da 21 paesi (USA compresi) e che riguarderà il 40% della popolazione mondiale e il 60% del PIL.
Le sconfitte di Obama non finiscono qui, oltre agli aspetti economici anche sulla politica estera la missione cinese del presidente USA non sembra aver dato i frutti sperati, niente di nuovo sul cyberspionaggio, nessuna risposta di Xi Jinping sulla questione Hong Kong e nessun tipo di breccia nell’asse Mosca-Pechino, anzi, Putin ha siglato un nuovo accordo per la fornitura di gas alla Cina.
Non è sicuramente un buon momento per l’uomo del “Yes, we can”, la popolarità interna è al minimo e piano piano Cina e Russia stanno erodendo a Washington zone d’influenza strategiche. L’ultima chiamata per rialzare la testa sarà il prossimo G20 di Brisbane (Australia) del 15 e 16 Novembre, ma ormai sembra chiaro come nello scacchiere mondiale gli equilibri non siano più quelli a cui siamo abituati.