Mi sono imbattuto, qualche sera fa, nell’ennesimo video tratto da una nota trasmissione televisiva che in queste settimane sta spopolando. C’era un comico che conosco, presentava un suo “numero” ai tre giudici di turno. Questa mania di farsi giudicare da tre personaggi (spesso presi a caso) che hanno davanti un pulsante rosso proprio non la capisco.
Come continuo a non comprendere questo trend (quasi masochista) ad pendere dalle labbra di sedicenti boss di questo o di quest’altro che insultano la gente solo per il gusto di farlo. O “supertate” che spiegano ai genitori come si educa un figlio. Per non parlare delle giurie che si occupano di valutare i cantanti in un programma televisivo. Siamo al paradosso.
Qualche settimana fa, facendo zapping, mi sono trovato davanti tre artisti del coro di uno dei più importanti teatri del mondo, intenti a realizzare un numero vocale di notevole fattezza, davanti a tre personaggi che non sanno neanche cosa sia una croma. Siamo alla pazzia, al rovesciamento totale delle cose.
Tre Artisti (volutamente con la A maiuscola) che sono costretti ad andare in un programma televisivo in prima serata (ed esibirsi accanto a personaggi degni della famosa Corrida dei tempi migliori) per emergere, farsi vedere e sentire. E’ un fenomeno che da artista mi fa rabbrividire. Adesso abbiamo improvvisamente una persona che si occupa contemporaneamente di tronisti e artisti da curriculum importanti. Dove arriveremo? Non lo so ma preferisco non pensarci. E’ lo stesso fenomeno – parallelo ma tendente alla totale depauperazione culturale – del deejay che suona i brani alla radio. Non vi è mai capitato di sentire una frase del tipo “Adesso suoniamo questo bel pezzo dei Queen, qui su radio pincopallo!”.
Suoniamo? Suoniamo chi? Loro suonavano, non certo tu. Tu metti un disco, anzi oggi premi un pulsante. Non suoni proprio niente, e con molta probabilità se tu dovessi suonare anche solo la canzone del sole di Battisti alla chitarra non sapresti da che parte cominciare. E’ l’ora di finirla. Ci vuole rispetto per chi ha una professionalità. Ma nel mondo dell’arte – sigh – il confine tra amatore e professionista è sempre più sottile.
E non certo per mancanza di talenti, di gavetta o altro. Ma perché si tende ad appiattire tutto, in nome dell’audience, dello share e di quella meravigliosa macchina schiacciasassi chiamata televisione.