Dall’avvento del web 2.0 non si fa altro che scrivere, parlare, esprimersi a favore e contro la rete. Quanto questo potentissimo strumento sia in grado di fagocitare e dispensa informazioni di tutti i tipi, acquisendo dati che affettano molto spesso il diritto alla riservatezza è ancora da valutare.
Ma che cosa succederebbe se una persona decidesse di non voler rendere pubblici alcuni dati che lo riguardano, per cui la pubblicazione non è obbligatoria?
Google, il più importante motore di ricerca dell’occidente, esplora internet in modo automatizzato, costante e sistematico alla ricerca delle informazioni pubblicate, le aggrega, le registra, le conserva nei suoi server e li pubblica in forma di elenchi di risultati, quindi fa operazioni sul trattamento dei dati personali, pertanto tutto diventa rintracciabile senza il minimo sforzo, ledendo il diritto alla privacy su alcune informazioni sensibili.
In base alle molte denunce a carico dei motori di ricerca come Google, il caso del Signor Mario Coreja Gonzales ha integrato la disciplina del diritto di privacy.
Il Signor Gonzales digitando il proprio nome su Google visualizzava nell’elenco dei risultati un link verso due pagine di un famoso quotidiano, molto risalenti nel tempo, che annunciava una vendita all’asta di immobili organizzata a seguito di un pignoramento effettuato per la riscossione coattiva di crediti previdenziali nei suoi confronti, che evidentemente voleva venissero rimosse e non figurassero più tra i link del giornale in quanto lesive della propria riservatezza.
La Corte di Giustizia Europea a seguito della richiesta di pronunciamento del Garante della Privacy spagnolo si è pronunciata con una sentenza che per la prima volta ha sancito il diritto di ognuno ad essere dimenticato, dai motori di ricerca si intende. Il right to be forgotten.
Che cosa è possibile fare quindi in base alla sentenza, se una persona fisica volesse “alleggerirsi”del proprio passato? La persona interessata può inoltrare la richiesta al gestore del motore di ricerca chiedendo che il proprio nominativo come parola chiave venga deindicizzato da uno o più risultati.
Big G si è attenuta alle disposizioni della sentenza del maggio scorso predisponendo un modulo online per rimuovere dalle sue pagine dei risultati link con contenuti non rilevanti.
Ogni richiesta inoltrata sull’apposito form viene valutata da una commissione interna secondo il principio di un bilanciamento dei diritti e degli interessi in gioco, che è necessario fare ed il cui risultato dipende dalla sensibilità dei dati trattati e dall’interesse del pubblico ad avere accesso a tali informazioni particolari. Nel caso in cui Google rigetti la richiesta, saranno i tribunali di competenza a valutare la deindicizzazione delle informazioni.
https://support.google.com/legal/answer/3110420?hl=it&rd=1
Chi ne ha fatto richiesta ?
Moltissime persone si sono avvalse della nuova procedura, dall’Italia le richieste inviate a Google sono a quanto sostiene il CORECOM 11.512. Circa il 24,2% di notizie è stato deindicizzato, se invece viene presa in considerazione l’Europa i moduli compilati e andati a buon fine sono circa 41,8%.
Il ricorso a questo modulo denota una forte necessità di frapporre un filtro a tutela della riservatezza a fronte di una infinità di informazioni che vengono immesse in rete da chiunque, spesso non solo a titolo informativo ma lesivo.
Ogni richiesta di rimozione come dicevo farà caso a sé e verrà considerata singolarmente da google per accertare se prevalga l’interesse pubblico a divulgare l’informazione o l’interesse individuale alla tutela della riservatezza, in altre parole per verificare se i dati siano inadeguati, obsoleti oppure irrilevanti.
La ratio quindi è quella di offrire ad ogni persona fisica che ne abbia l’interesse, la possibilità di evitare che fatti precedenti, che riguardano il privato possano vagare per la rete ed essere sempre e comunque rintracciabili dalla collettività. Il caso della sentenza è davvero emblematico… le difficoltà economiche avute dal Sig Gonzalez 16 anni prima sono da una parte ininfluenti per la collettività e dall’altra producono un danno alla persona.
In conclusione i garanti della privacy Ue dicono chiaramente che la regola è procedere al bilanciamento dando prevalenza alla protezione dei dati, però poi ammettono l’eccezione delle persone di rilievo pubblico, alla fine quindi non è così corretto ridurre tutto alla contrapposizione tra trasparenza totale e diritto all’oblio….