Dopo i drammatici fatti di Parigi, mentre infuria la guerra a Donetsk, c’è una trattativa dura ed incerta sul futuro della Grecia, e mentre l’Isis minaccia l’Europa, nel suo cuore e dalle sponde del nord-Africa, i governi europei sono posti di fronte ad un bivio, che resta sempre più difficile ignorare: o si è capaci di trasformare il sentimento condiviso di minaccia alla nostra sicurezza e ai valori della civiltà democratica in una risposta all’altezza della sfida, oppure ci si rifugia ancora una volta nei vecchi miti nazionali e si decreta la sconfitta definitiva delle conquiste della nostra società e civiltà.
Nel mondo è in atto un attacco durissimo alla democrazia e ai valori della libertà politica e civile. I modelli di governo di riferimento sono ormai quelli autocratici e autoritari, alternativi a quello liberal-democratico occidentale, considerato incapace di selezionare la classe politica, progettare piani di lungo periodo, di decidere tempi e modi certi.
È difficile sperare che gli europei possano vincere una simile battaglia con le armi spuntate dello Stato nazionale, e tanto più difficile è sperare che ci si riesca giocando con le istituzioni dell’Unione Europea, aumentando un pochino la collaborazione e il coordinamento tra gli Stati. La minaccia non proviene solo dall’esterno, ma anche dall’interno dell’Europa stessa, basti pensare ai fallimenti sul piano economico, al dilemma di una moneta unica e 19 politiche economiche differenti, alla totale impotenza sul piano della politica estera, agli arretramenti nel campo della ricerca, e alla sfiducia dei cittadini verso la politica e la disaffezione verso le istituzioni. Non è sufficiente tutto ciò per far capire alla classe politica che il problema è giungere ad una presa di coscienza che si rifletta in una cessione di sovranità verso quelle istituzioni che più efficientemente possano affrontare le crisi attuali? Che il problema è arrivare davvero a creare una un’unione politica, una Federazione Europea?
Un’indicazione chiara sulla strada da intraprendere viene dalle parole del Presidente della BCE Mario Draghi, il quale sostiene che: “Il successo dell’unione monetaria dipende in definitiva dal prendere atto che condividere una moneta unica è un’unione politica, e significa assumerne fino in fondo le conseguenze”, e che: “Nell’area euro, le scelte di politica economica sono cosi interdipendenti, che in ultima istanza, la sovranità sulla politica economica dovrebbe essere esercitata congiuntamente. Per questo, a mio parere, dobbiamo condividere ulteriormente la sovranità in questo campo. Questo si potrebbe tradurre nel passaggio da un sistema di regole comuni, ad uno basato su istituzioni comuni” (Helsinki, 27 novembre 2014). Il punto è che ormai, l’urgenza dell’unione politica investe tutti i settori che il quadro nazionale non è più in grado di gestire.
Ma non solo, anche in un documento intitolato “Preparing for Next Steps on Better Economic Governance in the Euro Area”, redatto da Jean-Paul Juncker, in stretta cooperazione con Donald Tusk (Presidente del Consiglio Europeo), Jeroen Dijsselbloem (Presidente dell’Eurogruppo) e Mario Draghi (Presidente della BCE), si pone all’ordine del giorno il problema del legame che c’è tra la necessità di completare l’unione monetaria con quella fiscale ed economica da una parte, e della condivisione della sovranità politica (e la conseguente legittimazione democratica) anche in queste aree, dall’altra parte. Nel documento si parte dal riconoscimento solenne che l’euro è molto più che una moneta, è un progetto politico, che ha creato una comunità di destino, messa oggi in discussione dal fatto che la politica economica e fiscale è rimasta a livello nazionale e che ciò pone a rischio la stessa politica monetaria.
Gli europei stanno pagando un alto prezzo per il rifiuto degli Sati di creare un governo europeo dotato di poteri reali e per la loro pretesa di non cedere la loro sovranità politica. È chiaro quindi che senza l’unione politica non si riesce a rispondere a nessuna delle sfide interne ed esterne.
Ma le parole e il consenso diffuso non bastano a creare le istituzioni, devono essere piuttosto sfruttati gli strumenti giuridici da utilizzare per completare istituzionalmente l’unione monetaria all’interno dell’UE, già analizzati in decine di studi. Tra le varie proposte per esempio la necessità di fondi ad hoc dell’aerea euro di natura federale e di un loro controllo democratico da parte del Parlamento Europeo insieme ai parlamenti nazionali.
Serve solo la volontà di mettere in atto queste scelte.