Sarebbe facile concentrare questo commento sulle contraddizioni interne ad un movimento politico che in questi anni ha fatto tanta pubblicità ad un criterio di selezione delle persone per i pubblici incarichi basato sulle competenze, attestate dal curriculum, che poi ha invece adottato tutt’altro metodo laddove governa, in particolare qui a Livorno.
E sarebbe interessante dimostrare come merito e competenze non derivino necessariamente da un metodo di selezione, piuttosto che da un altro. Del resto abbiamo avuto grandissimi amministratori e politici, anche in questa città, il cui curriculum si fermava magari all’avviamento professionale o al lavoro fin dalla giovane età, eppure hanno fatto grande una città. Cito Salvatore Tanda, Oriano Niccolai, Dino Raugi, Nelusko Giachini. Se volessimo volare nella cultura contemporanea e popolare è scontato citare oggi nell’anniversario della sua morte Steve Jobs, quello di Cupertino in California, non il nostro amministratore di Aamps in Via dell’Artigianato. Uomo che è passato alla storia come informatico, inventore, imprenditore e genio, con il semplice diploma in tasca.
Ma diciamocelo con serenità, questa mitomania per il curriculum è ormai sdoganata proprio dalle scelte concrete dell’amministrazione 5 stelle: le polemiche di inizio mandato sulla scelta degli assessori, tre amministratori di Aamps sostituiti nel giro di un anno e quindi dichiarati inadatti per svolgere il ruolo che ricoprivano, un direttore generale del comune che sembra già in bilico e dulcis in fundo una nomina alla direzione della Fondazione Goldoni che ha fatto gridare verso la “simpatia” o “l’amicizia” come criterio di scelta. Non c’è cosa peggiore, per chi si è immaginato rivoluzionario, che ritrovarsi reazionario.
Tutto questo ormai è sotto gli occhi dei cittadini che legittimamente si potrebbero chiedere cosa avrebbero fatto gli altri. Prendo il caso del teatro Goldoni. Personalmente mi sono già espresso qui con un articolo ed in due commissioni consiliari negli ultimi dodici mesi. La posizione è sempre la stessa: distinguere direttore artistico da direttore generale e selezionare le persone tramite un bando pubblico nazionale o internazionale. Attribuire poi il compito di valutare le persone ad una commissione, fatta magari di personalità qualificate e rappresentative di varie realtà. Questo potrebbe essere un tentativo concreto per aprire alla trasparenza e a criteri misurabili. Perché non sfugge a nessuno che una procedura di selezione pubblica permette sicuramente un maggiore controllo da parte di tutti in merito alle scelte di un’amministrazione e che è molto diverso dal sentirsi dire com’è accaduto in questi giorni “abbiamo vagliato i curricula e questo è il migliore”. Dubbi: sulla base di quali criteri? Dove erano scritti? Quali sono gli altri curricula e chi li ha presentati? Chi ha partecipato alla scelta?
Domande che hanno già una risposta: ha scelto il sindaco, ed è legittimo. Anche se, probabilmente, sapendo che questo sarebbe stato il punto di caduta, avrebbe fatto meglio a scegliere già parecchio tempo fa, risparmiando alla città l’ennesima pantomima sulle mirabili doti da talent scout dell’amministrazione. Non ci voleva tanto a pescare vicino casa. Non sua, intendevo Rosignano…
Ps. era il 4 settembre 2014 quando queste cose su La Nazione venivano riportate così….