Vi siete mai chiesti quanto abbiano impattato i Social sulla nostra vita? Ecco potete tranquillamente moltiplicare per 10 ciò che vi siete immaginati. Da qualche anno ormai, oltre a curare siti web, mi ritrovo giornalmente a creare o amministrare profili e pagine Facebook, Twitter, G+, Linkedin e perfino Pinterest. Solo spegnendo il PC e riflettendo un attimo, mi accorgo di quanto essi siano diventati una forza sconvolgente. Volete un esempio? Eccovi una rapida carrellata:
• Da un anno o due i telegiornali, coloro che fanno del servizio pubblico la propria esistenza, utilizzano abitualmente i Social Network con screenshot di pagine Facebook degli interessati, aggiornamenti di stato, foto pubblicate ed altre informazioni citandole ormai come fonte attendibile.
• E’ provato che almeno il 70% dei datori di lavoro si ritrovi spesso a “ciacciare” nelle pagine dei propri dipendenti, così da tenerli sott’occhio e, molto spesso, la cura della pagina di Linkedin può determinare contatti molto importanti! (Anche se, sul Social dedicato al lavoro, ultimamente tutti sembrano dottoroni; cassieri diventano “Business Manager” e commessi “Sales Manager”)
• Nel mondo, almeno 1 persona su 7 ha un account Facebook. Questo significa che 1 miliardo e 390 milioni di utenti (ovviamente in crescita) sono attentamente schedati per interessi, ricerche, luoghi, targettizzati per età, orientamento sessuale. Mark conosce tutti noi.
• Ogni giorno, attivi sul Web abbiamo circa 3 miliardi di utenti con più di 2 miliardi connessi ad un social network (ricordatevi che in Russia ed in Cina non esiste Facebook)
Ed allora quanto è cambiato il mondo politico?
Il mio ragionamento nasce da una delle frasi di Matteo Renzi, seduto sulla poltrona di “Che Tempo Che Fa”, da Fazio domenica sera, dove ha affermato: “Abbiamo bisogno di cambiamenti concreti, non che durino da qui a 10 tweet”. Ecco con una semplice frase, si afferma un concetto che forse ci era sfuggito. Fare politica nel 2015 è tutta un’altra cosa! Tramite i Social un uomo politico non può permettersi di non vivere connesso, di non sapere e soprattutto: di non rispondere.
Ogni domenica, dopo essermi fatto venire il mal di stomaco con il vero giornalismo d’inchiesta targato Report, guardo il grandissimo Diego Bianchi con la trasmissione Gazebo. Se non lo conoscete, vi lascio solo il tempo di fare “mea culpa”, ma poi sintonizzatevi su Raitre la domenica ed il giovedì in seconda serata. Questo perché, oltre ad essere un momento di genialità e satira impagabile, analizza l’impatto dei Social (soprattutto Twitter) nella politica. Infatti, uno dei punti culminanti della trasmissione è quella che viene chiamata The Social Top Ten, dove il conduttore analizza gli strafalcioni, le brutte figure e le gaffe dei politici (ovviamente di ogni estrazione sociale e/o orientamento) ed i commenti esilaranti degli altri utenti.
L’ultima vicissitudine del sindaco di Roma, Ignazio Marino, è stato un esempio lampante di quanto i Social Network coadiuvati dalla stampa, smuovano l’opinione pubblica. Sì perché fare figuracce è un attimo (è successo più volte a Matteo Salvini) e la rete non perdona, la crocifissione è dietro l’angolo, e la credibilità dei politici va di pari passo con la credibilità attribuitagli dai Social.
Fin dall’antica Grecia la politica vive grazie all’autorevolezza, alla credibilità, all’impatto che ha un simbolo, un personaggio, nei confronti della popolazione, ed è per questo che il terreno scivoloso dei Social Network costituisce un’insidia gigantesca per chi sbaglia. In un attimo da leader si diventa zimbello. Al che mi sono chiesto: “Ma ve lo immaginate voi Giulio Andreotti negli anni ’70 o ’80 costretto da una gogna online a dover rispondere sulle stragi?”, non avrebbe potuto esimersi! Ci sarebbero stati migliaia di video postati su Facebook e Youtube, migliaia di testimoni sarebbero diventati mine vaganti, per quelle fasi così oscure della nostra politica interna. Anche perché se in quegli anni il tappar bocche scomode è stata una manovra compiuta ad hoc, oggi sarebbe tutto molto più difficile e sicuramente avremmo avuto qualche fuga di notizie.
In definitiva possiamo essere critici quanto vogliamo, ma con questi canali abbiamo una diversa fruizione della notizia e (anche se in tanti non hanno ancora capito quali sono i siti-bufala e mai lo comprenderanno) altre frecce al nostro arco. Basta essere dei bravi arcieri. Quando si parla di tecnologia, ripeto sempre la frase del grandissimo Noam Chomsky “La tecnologia è un martello, può servire per buttare giù ospedali, o per costruirli”. Quindi per quanto sia vero che questi strumenti continuano ad essere un’incognita, con trattamenti di dati personali incerti e sicuramente privacy-borderline, ad oggi contribuiscono a donarci una democrazia diversa (almeno nella nostra parte di mondo). E questa libertà d’informazione, commento, mi piace, partecipazione attiva trasversale fino ai leader mondiali, non la dobbiamo a nessun governo politico mondiale, ma ai Social Network.