E’ arrivato il reddito di cittadinanza a Livorno.
Leggendo la notizia in effetti c’è da scommetterci. Sono molti quelli che si stanno domandando: ma allora siamo una città all’avanguardia? Domanda legittima ed espressa con quel piglio goliardico tipico di una città che non si prende quasi mai sul serio.
E mentre noi ci riflettiamo su, fuori da Livorno, si sta già muovendo la macchina della propaganda. Il buon Di Maio, interessatissimo negli ultimi tempi alle vicende livornesi, cavalca l’argomento, pronto a spronare i movimentisti di tutta Italia, sbagliando per altro le cifre nell’enfasi comunicativa, come del resto ha fatto di continuo su Aamps. Ci aggiunge 100 euro a questo reddito di cittadinanza in salsa labronica, ma cosa vuoi che sia, l’obiettivo non è il merito, ma il racconto che ne esce. Per cui di nuovo giù con lo spirito goliardico livornese che in alcuni commenti sulla sua pagina Fb permette un’amara chiosa: “dé, ce li metterà lui”.
Ma è tutto come viene raccontano? No, davvero no.
Per cui ripartiamo dall’inizio.
Esattamente un anno fa ci è stata raccontata una storia natalizia dal sapore amaro: “dobbiamo tagliare il sociale a causa delle scelte del Governo” diceva la giunta Nogarin. Una storia che ha qualche similitudine rispetto alle vicende di poche settimane fa. C’è infatti anche quest’anno una storia natalizia simile: “dobbiamo tagliare il sociale se vogliamo ricapitalizzare Aamps”, motivazione tra le più forti utilizzate per poi andare verso il rischioso concordato.
Certo che verrebbe subito da pensare che questo sociale, porca miseria (in senso lato e letterale), ce ne crea di problemi. Ma oggi c’è il reddito di cittadinanza da scartare sotto l’albero. Livorno risorge, magari da qui a Pasqua. Un momento, un momento. Ma, le risorse? Ma i tagli al sociale? Beh, per questa operazione ci sono. Ma che si scherza? Fa parte del programma del M5S, e per quello non c’è Aamps o Governo che tenga, le risorse si trovano.
Stante questo inizio, diciamo ora alcune cose di merito. Con la serietà necessaria.
Riassunto sul capitolo “sociale” nel bilancio livornese.
A dicembre 2014 la giunta ha tagliato oltre 800mila euro corrispondenti a servizi quali: borse lavoro, portate da 91.200 a 0 euro, “contributi sociali mediante card” da 326.000 a 0 euro, “trasferimenti a famiglie per il pagamento Iuc-Tari” da 432.094 a 197.542, “canoni d’affitto legge 431/98 a carico del Comune” da circa 300.000 a 100.000 euro. La domanda principe di quella discussione durante Consigli Comunali roventi fu: si deve per forza tagliare? E per forza tagliare questi servizi per le fasce più deboli della popolazione? Tutte le opposizioni, da destra a sinistra, chiesero ripetutamente un rinvio della votazione sul bilancio, Un rinvio possibile perché c’era la proroga del governo per qualche. Rivediamo insieme, nelle opportune commissioni consiliari, tutto il bilancio del sociale, facciamo un’analisi seria su quali servizi sono ormai vecchi, superabili e studiamo quali sono i nuovi bisogno della città. Questo dicevamo in molti, mettendoci a disposizione. E comunque anche solo avere più tempo, senza rivedere tutto il bilancio punto per punto, avrebbe permesso di riflettere e costruire una manovra meno gravosa per imprese e famiglie. Il Partito Democratico presentò una mozione d’ordine a inizio lavori, facendo votare il rinvio, ovviamente respinto dalla maggioranza.
Quindi il tempo per fare meglio ci poteva essere, la gatta frettolosa partorisce gattini ciechi…
Ed i tagli andavano fatti per forza? Tralasciando l’aumento delle tasse più grande della storia di questa città, che ha portato molte risorse nelle casse del comune, tralasciando l’allocazione delle risorse che l’amministrazione ha legittimamente fatto verso alcune proprie scelte programmatiche che hanno necessità di fondi particolari, concedendo che nonostante tutto ciò il patto di stabilità (come del resto tutti gli anni precedenti, anche quando governava il PD) produce effetti negativi sulla salute dei comuni, e che quindi si dovesse operare comunque dei tagli, ribadisco il concetto: non era assolutamente dovuto né obbligatorio tagliare li. Ne è una dimostrazione che poche settimane fa, di fronte ad una nuova ipotesi di tagli, studiata per il salvataggio dell’azienda dei rifiuti, e poi non messa in atto, l’amministrazione ha ipotizzato di poter risparmiare 2,1 milioni di euro dal capitolo “Servizi Istituzionali”. Al suo interno, per esempio, la figura del direttore generale, che da solo, in un anno, costa circa 130mila euro. Più di un terzo delle social card…
Ma a questo punto, avete capito un’altra cosa: tagli di qua e di la, eppure per magia oggi compaiono 300mila euro per il reddito di cittadinanza. Social card da 326.000 a 0. Reddito di cittadinanza da 0 a 300mila. Ma finiamo la storia del bilancio del sociale, prima di concludere questo articolo.
A febbraio, nel tentativo di correggere le scelte di dicembre (se si fosse rinviata la decisione a dicembre, non sarebbero nati tutti questi pasticci) il Comune ha annunciato una ventina di borse lavoro, stanziando 50.000 euro e con un ulteriore contributo di Caritas. Operazione accolta con la solita enfasi, ma se ricordate cosa scritto qualche riga più su, le borse lavoro solo qualche mese prima erano state portate da 90mila euro a zero. Quindi in poche parole, si corregge una scelta precedente, ma non si crea niente di nuovo. E le card per i poveri destinate a più di 400 famiglie per comprare cibo e generi di prima necessità? Sparite. Ma ecco che con una serie di “economie”, derivanti anche dalla riorganizzazione dei servizi sociali il Comune ha annunciato che i soldi per i poveri torneranno, distribuiti direttamente dal Comune stesso.
Ma i “risparmi” operati dalla giunta non sono stati quelli che le altre forze politiche cittadine chiedevano a dicembre previa una approfondita analisi. I risparmi sono stati ancora una volta tagli di servizi, mascherati come “economie” ottenuti nei confronti di associazioni varie. Esempio tratto dai giornali di quei giorni: “Arriva il taglio delle convenzioni con le associazioni che in questi anni hanno gestito il front-office della povertà e dell’assistenza sociale sul territorio. Un esempio è l’Arci, che si occupava delle social card. Ma lo stesso vale per la Caritas, che da anni si occupa, ad esempio, della mensa dei poveri: i 117.000 euro che riceveva saranno dimezzati, diventeranno 58.000. Su Lasettimanalivorno.it, la rivista online della diocesi, la reazione è stata durissima, con un articolo dal titolo: “La prima giunta che taglia sui poveri”. «L’assessore – è stato il commento di suor Raffaella Spiezio, presidente di Caritas – ha fatto sapere che si tagliano le convenzioni per rimettere in piedi le social card appena tagliate, ma di fatto a pagarne le conseguenze sono le stesse persone che vivono le fragilità»
Possiamo dunque dire che la città ha fatto dei passi avanti? Possiamo confermare quanto ha dichiarato Di Maio qualche settimana fa? “Difenderemo i lavoratori ma non taglieremo neanche un euro ai servizi sociali”. Mi sa proprio di no. Si è fatta un’altra cosa però: si sono tagliati servizi quando lo si poteva evitare, non si è operata una profonda analisi della situazione cittadina, proponendo iniziative che aiutino a ridurre le marginalità, ma si è fatta un’operazione spot, perché altro non è.
Ed in conclusione ci arriviamo. Cos’è questo reddito di cittadinanza?
Ad essere onesti non so come si possa definire reddito di cittadinanza. Ha più che altro l’aria di un sussidio di disoccupazione. E’ infatti indirizzato ai soli disoccupati, è una erogazione di denaro limitata e non strutturale, e parla di 6 mesi. Sono stati stanziati 300 mila euro a copertura, il che significa che è riservato a 100 persone. I requisiti per accedervi sono: essere disoccupati; avere più di 35 anni; per chi ha figli deve garantire la frequenza alla scuola dell’obbligo (questione in realtà già prevista per legge…); avere la fedina penale pulita; un reddito familiare ISEE inferiore a 6530 euro l’anno; niente seconda casa o prima casa di lusso; niente auto acquistate nell’ultimo anno; impegnarsi a svolgere lavori socialmente utili gratuitamente per 8 ore a settimana. Ed infine, presentare domanda entro 3 settimane.
Quindi in sintesi di vanno ad erogare 500 euro per 6 mesi a 100 persone. Definirlo reddito di cittadinanza mi resta difficile. Anche fosse solo per la durata così limitata e per il numero di persone interessate. Boh, sarà… ma i servizi sociali che in città venivano erogati e che oggi sono stati tagliati, mi sono sempre sembrati più adeguati, se non altro nell’approccio: dare servizi che fossero gestiti da professionalità e che mirassero all’obbiettivo di guidare i beneficiari fuori dalla marginalità e dalle difficoltà. Andavano rivisti? Ok. Andavano riassegnate le convenzioni tramite gara? Ok. Ma non si è fatto questo. Si è scelto di dare soldi, una tantum. E a me questo sembra il ritorno ad un vecchio assistenzialismo. Una forma caritatevole utilizzata come arma di propaganda. E queste 100 persone tra sei mesi, torneranno nelle loro difficoltà, una volta passato il carrozzone. Ma mai quanto in questo caso, spero di sbagliarmi.