Articolo che ci ha inviato un nostro lettore, Rocco Garufo.
Con l’inizio del 2016 l’amministrazione Nogarin è in carica da un anno e mezzo e nonostante sia arrivata solo ad un terzo del suo cammino naturale si ha già la netta impressione di un’esperienza completamente esaurita. Una storia che non ha più niente da dire, praticamente morta, anche se non ha ancora ricevuto formale sepoltura.
Per inquadrare l’esito di un sostanzialmente fallimento è necessario partire da un dato politico elementare: Nogarin ha cominciato la legislatura con numeri che gli garantivano nel Consiglio comunale una maggioranza molto solida e rapporti di forza difficilmente scalfibili dalle opposizioni. Ma c’è di più. Inizialmente la possibilità di allargare una maggioranza già di per se cospicua, era molto concreta, e poggiava sul favore delle forze politiche che avevano fatto convergere i propri voti al ballottaggio sui 5 stelle. In quel momento la partita di tutte le forze coagulate contro il PD era chiudere in maniera definitiva con il passato livornese e isolare il “partitone”, ritenuto, a torto o a ragione, principale responsabile della crisi della città.
Ad un anno e mezzo di distanza la situazione è completamente ribaltata: l’area di governo è stata risucchiata dentro una spirale involutiva che la vede pericolosamente appesa ad un solo voto di maggioranza; mentre tutte le altre forze, PD in testa, sono spesso coalizzate in una opposizione senza sconti.
Oltre al dato politico comunque, sembra difficile potersi sottrarre obiettivamente da un giudizio severo sulle strategie di governo: in un anno e mezzo, i problemi trovati sul tappeto si sono incancreniti; regna una totale assenza di proposte e Livorno è marginalizzata in uno stato di totale isolamento dal contesto regionale e nazionale.
Ma a dare ancora più concretamente il senso di una parabola sgangherata e fuori da ogni guida politica è l’elenco assai copioso delle “vittime” lasciate sul tappeto: quattro Consiglieri comunali; il Presidente del Consiglio; l’Assessore all’ambiente; l’intero Consiglio d’amministrazione di Aamps; consulenti e Presidenti di varie società partecipate dei quali si fa veramente tanta fatica a tenere il conto.
Con buona probabilità, le fratture che hanno portato un ridimensionamento così vistoso dei numeri a disposizione dei 5 stelle non rimangono confinate all’arena politica, ma cominciano a penetrare nel tessuto sociale cittadino. L’impressione molto forte è che pezzi consistenti di elettorato che avevano visto di buon occhio il cambio “epocale” al governo della città nel 2014, stiano maturando un giudizio per cui a Livorno la “cura 5 stelle sia stata molto peggiore del male”.
D’altronde, dopo i catastrofici passaggi su Aamps è lo stesso Nogarin che sembra rendersi conto della necessità di uscire dal pantano nel quale è mortalmente invischiato, cercando di rilanciare l’azione di governo, con l’apertura di una nuova fase politica con le forze di opposizione più affini, da arruolare negli asseti di maggioranza. Tuttavia, ancora una volta sono i limiti dell’antipolitica “grillina” ad emergere molto chiaramente sopra ogni altro aspetto: idee confuse; attacchi sguaiati al PD; assenza di proposte da condividere; mancanza di un percorso chiaro e di tempi nei quali procedere alle necessarie convergenze di programma. Praticamente un disastro.
A giugno del 2016 la prima amministrazione a 5 stelle di Livorno avrà compiuto due anni e a quel punto sarà difficile, se non impossibile, continuare a nascondersi dietro l’alibi del passato e della pesante eredità lasciata dalla giunta precedente.
È proprio quel passato che Nogarin ha utilizzato ostinatamente come una clava per abbattere il PD e come paravento per celare le proprie inadempienze, che è diventato una trappola letale per i 5 stelle, e in assenza di guida e prospettive per la città, sta risucchiando come in un buco nero l’impellente necessità di futuro dei Livornesi.
Mentre lo stesso passato, declinato in chiave di recupero della migliore tradizione e cultura di governo del territorio, dalla quale negli ultimi anni Livorno si è distaccata, può diventare lo strumento a disposizione del PD per disegnare la visione di un futuro di sviluppo. La sfida è tutt’altro che facile. Non si tratta soltanto di individuare un candidato Sindaco e di scrivere un programma, ma di guidare un processo molto più profondo . Si tratta di ricreare una connessione forte con la città; di saperne interpretare i cambiamenti e le inquietudini; di riconquistare la fiducia come forza capace di indicare la direzione di sviluppo da seguire; di costruire percorsi di elaborazione culturale e programmatica discussi e democraticamente condivisi. Se il PD accetta questa sfida con la consapevolezza di quanto sia lunga, difficile e faticosa, avrà anche la possibilità di forgiare una nuova classe dirigente, cosa della quale Livorno ha bisogno “come il pane”.