Pochi giorni fa Alessandro Di Battista durante un’intervista in TV ha dichiarato di credere che al giorno d’oggi essere onesti sia più importante che essere antifascisti e che “parlare di fascismo e antifascismo nel 2016 è come parlare di Guelfi e Ghibellini: ancora parliamo di questa roba?!”. Così, candidamente, come se dalla fine del fascismo fossero passati secoli e come se la lotta fra le due fazioni medievali ne avesse avuto la stessa ferocia e avesse lasciato le stesse macerie e le stesse vittime, sia fisiche che morali.
E lo ha detto L’11 dicembre, alla vigilia della commemorazione di una delle tante stragi fasciste del dopoguerra: quella di Piazza Fontana, che il 12 dicembre del 1969 provocò 17 morti e 88 feriti e che, tutt’oggi, ci sta a ricordare che il fascismo non è morto con la caduta del Regime, il 25 luglio del 1943, e non è morto con la fine della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) e la coincidente Liberazione, il 25 aprile del 1945.
Lo stesso Di Battista dovrebbe saperlo bene: nell’intervista si dice anche orgoglioso del padre che, come gli viene ricordato durante la medesima, è dichiaratamente fascista. Oggi.
Poi è buffo: lo stesso deputato grillino è stato un feroce difensore della Costituzione durante tutta la campagna del Referendum del 4 dicembre: una Costituzione scritta da chi dal fascismo è stato perseguitato, in molti casi internato e da chi lo ha combattuto facendo la Resistenza, una Costituzione Antifascista che in Italia il fascismo lo bandisce.
“Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”, diceva il filosofo spagnolo George Santayana. Per questo è necessario continuare a parlare di fascismo e antifascismo: perché non succeda mai più. Ma probabilmente dovremmo anche iniziare a parlarne in maniera più approfondita perché se un membro delle istituzioni come Di Battista dice pubblicamente una cosa del genere con tanta leggerezza e, come purtroppo sta succedendo, viene assecondato da tanti commenti sui Social Network, vuol dire che qualcosa nella formazione di una coscienza storica nazionale su quello che è stato davvero il fascismo è stato sbagliato.
Che qualcosa qui a differenza di altrove si sia sbagliato mi pare innegabile: non capita di rado di “inciampare” in discorsi nei quali si rimpiangono cose (mai) fatte da Mussolini o addirittura Mussolini stesso, mentre se provate a rammentare Hitler a un tedesco quello abbassa lo sguardo per la vergogna, figuriamoci se gli passa per l’anticamera del cervello di esaltare qualcosa che lo riguardi.
Alla fine il rischio che si corre è che la storia, appunto, possa finire per ripetersi.
Qualcosa succede: è successo qui, a Livorno, dove in zona Mercato nei giorni scorsi sono state disegnate delle svastiche, cosa di per sé grave, che diventa quantomeno allarmante se si considera che una di queste è stata disegnata vicino alla vetrina di un commerciante ebreo accompagnata dalla sigla delle “SS” e dal numero 88, che richiama due volte l’ottava lettera dell’alfabeto per formare la sigla “HH”(Heil Hitler).
L’attuale contesto storico, la crisi, la mancanza di fiducia nelle istituzioni e un Paese che può vantare il poco felice primato mondiale di analfabetismo funzionale (la capacità, cioè, di leggere una notizia e saper distinguere se si tratti di verità o di una bufala) condito da un altissimo numero di presunti siti di informazione e pagine di personaggi politici che hanno come leitmotiv quello di disinformare alimentando volutamente la rabbia e l’odio verso le istituzioni o il prossimo, mi preoccupano: è così, fomentando il malcontento generale, che in passato si sono create le condizioni che hanno portato alla nascita di regimi totalitari.
Ed è in un contesto come questo che è importante ricordare, parlarne. Essere antifascisti.
Che al giorno d’oggi significa perpetuare una lotta morale e politica contro chi alimenta l’odio attraverso populismo e demagogia, contro chi il fascismo continua ad apologizzarlo, in maniera più o meno dichiarata. Ancora oggi, 14 dicembre 2016, il fascismo è un argomento tristemente attuale di cui bisogna continuare a parlare. Ed ancora oggi essere antifascisti è necessario.