Qualche giorno fa ho visto per la prima volta lo spot dei Referendum in televisione e ho pensato: basta questo per rendere informati i cittadini dell’importanza di questi Referendum? Davvero, nell’era dei social, l’informazione su una consultazione di tale importanza è tutta qui? Proviamo a fare chiarezza sui cinque quesiti che ci verranno proposti il 12 giugno.
Con quest’ultimo articolo concludiamo questa piccola rubrica di approfondimento dedicata ai referendum di questa domenica. Se vi foste persi i precedenti potete mettervi in pari così:
– Qui il primo quesito: Abrograzione della legge Severino
– Qui il secondo quesito: Limiti agli abusi della custodia cautelare
– Qui il terzo quesito: Separazione delle carriere
– Qui il quarto quesito: Equa valutazione dei magistrati nei Consigli Giudiziari Distrettuali
L’ultimo quesito (quello nella scheda verde), così come il precedente, ha un risvolto quasi esclusivamente settoriale, riguardando direttamente solo una categoria: la magistratura. In particolare, il quesito ha lo scopo di andare ad abrogare le norme che riguardano l’elezione dei membri togati del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).
È anche in questo caso necessario premettere brevemente le funzioni di questo Consiglio: è organo di autogoverno della magistratura, considerato organo indipendente e autonomo da ogni altro potere dello Stato, ed è composto da tre membri di diritto:
– Il Presidente della Repubblica, che lo presiede
– Il Primo Presidente della Corte di Cassazione
– Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione
Gli altri 23 componenti del CSM sono eletti:
– per i 2/3 da tutti i magistrati: sono i cosiddetti membri togati
– per 1/3 dal Parlamento in seduta comune: sono i cosiddetti membri laici
Questo quesito riguarda proprio le modalità di elezione dei membri togati (cioè i magistrati eletti dai magistrati): ad oggi infatti se un magistrato si vuole proporre come membro del CSM deve raccogliere almeno 25 firme (e massimo 50) di altri magistrati a sostegno della sua candidatura
Il Referendum in questione ha proprio l’obiettivo di “eliminare” questa raccolta firma, con la finalità di sottrarre la candidatura dei magistrati alla necessità di avere un gruppo a sostegno e quindi per togliere alle “correnti interne” e alle associazioni di magistrati la possibilità di “gestire” in qualche modo le candidature.
Se il Referendum in questione dovesse passare (e quindi dovesse vincere il “si”) decadrebbe l’obbligo della raccolta firme e il singolo magistrato potrebbe presentare la propria candidatura in autonomia e liberamente senza il supporto degli altri colleghi magistrati.
Chi è per il SI sostiene, come detto, di poter attenuare tramite questa abrogazione il potere delle correnti all’interno del CSM, essendo le firme “una delle espressioni della logica delle correnti”.
Chi è per il NO sostiene che i processi elettorali – di ogni tipo – siano da sempre basati sulla conoscenza dei singoli candidati da parte degli elettori, ed è logico (ad avviso dei contrari al referendum) che “anche nella magistratura chi si candida parta da una base di consenso minima”. Ritengono inoltre che tale abrogazione interverrebbe in una questione talmente “minima” da non inficiare assolutamente il meccanismo correntizio.