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Visioni della Livorno che sarà – episodio 6

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Proposte e osservazioni per la rinascita di Livorno …che la politica non prevalga sulla competenza.

La città di Livorno sta discutendo e preparando il nuovo Piano Operativo. E’ l’occasione per immaginare il futuro della città e avere diverse visioni di quel che sarà. L’avvocato Ruggero Morelli ha raccolto alcuni pensieri di concittadini appassionati e ce li ha inviati. Li racconteremo in questa rubrica, episodio dopo episodio. Ecco il sesto.

Potrebbe sembrare una specie di bando per le idee e il Cielo sa quanto ne abbiamo bisogno. Anzitutto, anziché di rinascita, potremmo cominciare con il parlare di rivitalizzazione, visto che si può rinascere solo dopo morti e che, grazie a Dio e nonostante certi amministratori, Livorno continua tenacemente a respirare.

Sarebbe, però, quanto meno velleitario riflettere sul futuro della nostra città e del nostro territorio senza tener conto dello stato presente, di come ci siamo arrivati e senza un minimo di analisi retrospettiva etiologicamente equilibrata.

Negli ultimi decenni, particolarmente dagli anni Ottanta in poi, per una serie di concause, la città e il territorio sono stati investiti da un processo deindustrializzazione non propriamente lento e neppure troppo selettivo, concretatosi nella scomparsa di insediamenti produttivi di ordine assolutamente primario, del tipo, tanto per intenderci, della storica Richard Ginori, della Spica e dello stesso cantiere navale o di attività dall’illustre passato e lasciate estinguere a cuor leggero benché ancora ben remuneranti, come quella delle riparazioni navali, sacrificate non si sa bene su quale altare, la cui perdita ha portato a una sorta di inarrestabile depauperamento, non soltanto in termini di occupazione e di risorse economiche, ma anche (e non è poco) di quel fenomeno umano proprio delle società “sane” che un tempo veniva orgogliosamente definito “cultura del lavoro”.

I riparatori, una trentina di aziende con circa 400 persone occupate e altrettante famiglie al seguito, hanno lottato come hanno potuto; lo stesso presidente Rossi, quando cercò di aiutarli con il generoso tentativo di portare la Costa Concordia in demolizione a Livorno si imbatté nel gelido e imbarazzante silenzio delle autorità cittadine e, alla fine, fu costretto a lasciar prevalere la… politica.

Qualche quisque de populo obiettò che il grande bacino livornese (uno dei più grandi del Mediterraneo) non era in condizioni di accogliere il relitto (che in quello di Genova, più piccolo, non entrò completamente), ma il comandante dell’impianto, Alberto Roncucci, che aveva diretto il bacino dall’inaugurazione fino alla dismissione, sostenne il contrario ben argomentando con inequivocabili dati tecnici. Tant’è. Accadde un po’ come quando, di recente, al presidente Giani in visita all’ospedale livornese, fra l’imbarazzo generale, osservò che si trattava di una struttura magnifica. Gli fu “spiegato” che oggi un buon ospedale deve essere un “moderno monoblocco” dimenticando che è proprio sul sistema della ripartizione delle diverse specialità in edifici separati (ottimo sistema anticontagio) che si basano le moderne eccellenze sanitarie di Cisanello e di Careggi. Così va il mondo.

Fra gli analisti di varia estrazione e qualità, dai quali, per dirla con il sommo Dante, “è mestieri mantenerci equidistanti senza tuttavia ignorare le ragioni ora degli uni, ora degli altri”, non manca chi attribuisce diverse responsabilità alla classe politico-amministrativa e a certe posizioni sindacali apparse talora non sufficientemente incisive e poco in sintonia con la storia, non quella paludata che si trova sui manuali, ma quella spicciola, vissuta e costruita giorno dopo giorno, spesso con fatica, da ciascuno di noi, cittadini comuni che cercano con impegno di fare la propria parte per il bene e il buon nome della città.

Livorno, dunque, per rianimarsi e guardare concretamente al futuro, deve raccogliere e valorizzare le proprie forze migliori e ciò sarà possibile facendo assegnamento, come sempre, sulle risorse che non tradiscono, soprattutto sul porto, ragione stessa del suo essere città, ultimo e oggi unico baluardo economico e produttivo, con il suo amplissimo corollario di attività connesse con l’economia del mare e con il fiorire di professionalità preziose e specifiche, facendo perno anche sui vantaggi che le derivano dalla fortunata collocazione geografica, climatica e ambientale che può favorirne lo sviluppo su diverse direttrici.

Il complesso retroportuale Vespucci di Guasticce, la prossimità, ormai quasi una contiguità, con Pisa e il suo attivissimo hinterland, con l’aeroporto internazionale Galilei, con la linea ferroviaria tirrenica, e con la direttrice autostradale, fanno sì che da decenni, sia pure con più parole che fatti, si discuta di area vasta o, per meglio dire, estesa. Di fatto, però, fino ad oggi si è assistito all’occupazione sistematica dei grandi spazi pianeggianti lungo il canale dei Navicelli, intorno all’aeroporto di San Giusto, da parte di cospicui insediamenti navalmeccanici, industriali e commerciali, alcuni, come l’Ikea, approdati colà dopo essere stati respinti da Livorno, altri come la Gas and Heat, un’eccellenza internazionale di nicchia nel ramo delle navi cisterna, approdate in territorio pisano proprio da Livorno.

La grande piana fra Pisa e Livorno costituisce, comunque e per fortuna, una realtà efficiente e produttiva di tutto rilievo di cui, per forza di cose, il porto di Livorno costituisce di fatto una valvola di sfogo verso i mercati del mondo, una vera e propria porta spalancata verso ogni destinazione.

Le fortune e le potenzialità mediamente future dello scalo marittimo e, quindi, della città di Livorno, da sempre indissolubilmente simbiotici, sembrano oggi trovare la massima espressione prospettica nella indispensabile riqualificazione funzionale e infrastrutturale e, in particolare, nell’ormai “antico” quanto rettamente ambizioso progetto di una espansione verso mare degli impianti portuali da attuarsi con la costruzione della grande darsena o piattaforma Europa.

Di tale sorta di raddoppio del porto verso mare si discetta ormai dall’inizio del terzo millennio e, nel tempo, mentre le navi continuavano e continuano a crescere rapidamente imponendo in qualche modo il rincorrersi degli adeguamenti progettuali, il grande disegno è andato soggetto a discussioni profonde e a ripensamenti, fino all’ultima concezione dell’opera, ridimensionata con opportuno e pragmatico realismo. Il progetto attuale, un po’ declassato, ma più possibile rispetto a quello originario, prevede, fra l’altro, una diga foranea di 4,5 km, dighe interne per 2,3 km e dragaggi per 16 mila mc i cui materiali di risulta, grazie al mutare della legislazione nel frattempo intervenuta, potranno essere impiegati, in parte per la realizzazione di nuovi piazzali da asservire alla grande darsena e in parte per il ripascimento dell’adiacente litorale pisano fino alla foce dell’Arno.

Alla nuova infrastruttura portuale, assolutamente indispensabile e vitale per assicurare un futuro di sviluppo al porto e alla città di Livorno, guardano, con interesse vivo e del tutto comprensibile, diversi colossi internazionali del trasporto via mare delle merci in contenitori e non soltanto.

Con la pubblicazione degli ultimi bandi e l’avvio di altri adempimenti indispensabili, il 2022 dovrebbe finalmente configurarsi come l’anno della reale partenza dei lavori e, sebbene il comparto del trasporto, di cui il settore marittimo costituisce la parte più cospicua, abbia subìto i colpi durissimi inferti dall’imprevisto e imprevedibile fenomeno pandemico, è assolutamente certo che il mondo dovrà riavviarsi alla normalità riprendendo a crescere.

In tale fase, necessariamente dinamica, non dovremo farci cogliere impreparati e il potenziale attrattivo della nuova grande infrastruttura, corroborato dalla prossimità con gli impianti dell’interporto Vespucci, dalla costruzione del sospirato scavalco, della linea Genova-Roma e dal programmato ripristino e ammodernamento della ferrovia Pisa-Collesalvetti-Vada, non dovrebbe mancare di produrre i risultati attesi e, magari, anche di andare oltre. Non è revocabile in dubbio che il potenziale attrattivo dello scalo marittimo livornese si sarebbe arricchito con la presenza di un grande bacino di carenaggio almeno quanto una grande stazione di sport invernali sarebbe avvantaggiata con la presenza di un ben attrezzato ospedale ortopedico.

Non è certamente per caso che nei nostri porti, grandi e meno grandi, si faccia un gran costruir di bacini, ma, nonostante certe scelte, Livorno rimane comunque uno scalo marittimo di tutto rispetto, con maestranze di ottima professionalità, un porto che, nel 2020, con il fenomeno Covid in espansione, ha fatto viaggiare 3.159 treni merci, un numero che, verso la fine di questo decennio, una volta che la darsena europa sarà pienamente operativa, potrà aumentare anche fino a raddoppiarsi facendo salire la percentuale di merci trasportate su rotaia dall’odierno 10% fino al 20% il che, poi, significa togliere, più o meno, 140/160 mila tir dalle aree portuali e dalla viabilità di riferimento

In sostanza, Livorno (che, per quantità di merci movimentate, si trova in una delle prime cinque posizioni fra i porti italiani) e Piombino lamentano tutt’oggi sensibili carenze nei collegamenti che costituiscono il cosiddetto “ultimo miglio”. In particolare, c’è bisogno di efficienti raccordi ferroviari, di collegamenti stradali celeri e, non ultimo, di un sistema modernamente informatizzato per il disbrigo delle pratiche amministrative, almeno di quelle più ordinarie, in modo da consentire alle merci di essere avviate verso le destinazioni finali con la maggiore celerità e sicurezza possibili.

Tutto ciò, specialmente per quanto riguarda Livorno, risulterà assolutamente ineludibile se si vorrà ottenere il massimo possibile nel funzionamento della darsena/piattaforma europea che altrimenti, una volta strutturalmente in condizioni di operare, correrebbe il serio rischio di una perniciosa compressione delle proprie possibilità di espandere il panorama dei traffici. Conseguire l’optimum in termini di competitività e funzionalità è un obiettivo a portata di mano, ma non scontato; per raggiungerlo sarà necessario un forte impegno comune per rendere concreta, naturale e inderogabile la collaborazione di tutti, a cominciare dai soggetti istituzionali e burocratici e da tutte le categorie imprenditoriali più o meno direttamente interessate.

Non mancherà, è scontato, chi proporrà tavoli permanenti, osservatori, cabine di regia e altre poco concludenti amenità del genere con cui riempirci le tasche al punto di lasciarle vuote di fatti reali. Ciò che conterà davvero sarà vigilare sugli stati di avanzamento dei progetti, magari rispondendo direttamente di omesso controllo, e a farlo dovrebbero essere direttamente le autorità a ciò espressamente deputate per il ruolo che sono state chiamate a svolgere con tanto di investitura governativa, struttura commissariale in primis.

In conclusione, sarebbe puramente (ma non innocentemente) onirico il concentrarsi sui programmi di espansione dello scalo marittimo verso mare, di adeguamento dei fondali e di snellimento burocratico, senza avere prima assicurato ciò che primieramente serve al trasferimento rapido e sicuro delle merci, ossia collegamenti di prim’ordine verso ogni destinazione e, magari, non lasciare che la politica prevalga sulla competenza.

Fonte foto: Pixabay

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