L’universo.
La città di Livorno sta discutendo e preparando il nuovo Piano Operativo. E’ l’occasione per immaginare il futuro della città e avere diverse visioni di quel che sarà. L’avvocato Ruggero Morelli ha raccolto alcuni pensieri di concittadini appassionati e ce li ha inviati. Li racconteremo in questa rubrica, episodio dopo episodio. Ecco l’ottavo.
L’universo e “io” nascemmo intorno alla metà del Ventesimo secolo, e ambedue le nascite, come spiegherò alla fine, avvennero a Livorno, città di origini mercantili e marinare, miscuglio di razze diverse che hanno lasciato tracce evidenti in una gioventù bellissima e dai tratti somatici più disparati: africani, nordici, orientali e mediorientali.
Livorno è una città cosmopolita dalle origini, dove ancora oggi, nonostante l’ondata di ritorno di pulsioni arcaiche, mitico-magiche, razziste e xenofobe, in molti si dichiarano “cittadini del mondo”, rilanciando un’espressione che venne usata per la prima volta dal filosofo greco Diogene di Sinipe, detto il Socrate pazzo, il quale, interrogato sul perché parlasse con una statua, rispose come avrebbe potuto farlo il nostro grande artista, misteriosamente scomparso, ZEB: “Mi alleno a chiedere invano”.
Quanto sopra per enunciare che la Livorno del futuro la vorrei saldamente ancorata alla sua tradizione: internazionale e internazionalista, insieme al suo porto; cosmopolita, accogliente, dissacrante e generosa. Con l’aggiunta di un po’ di sano stoicismo, che aiuta a capire che siamo responsabili di come organizziamo la percezione di noi stessi, dei nostri rapporti con gli altri e della nostra vita, senza però smarrire la virtù cittadina di progettare il futuro senza rinunciare all’attimo presente, e non sacrificando “la gioia che passa” al raggiungimento del prossimo obiettivo: diploma, laurea, lavoro, matrimonio, carriera, investimento, pensione… In altre parole, dimorando stabilmente nell’infinita libertà dell’insicurezza, ma senza cadere nel vuoto adiacente.
Non servono grandi investimenti per mantenere viva la tradizione storica livornese, basta portarla nelle scuole e farne oggetto di studio, stamparla metaforicamente sui muri, nelle strutture pubbliche e tenerla sempre accesa nelle istituzioni, che debbono riprendere in mano la rivendicazione di una zona franca nel Porto di Livorno, di cui si parla da anni senza alcun risultato.
Non entro nel merito di una complicata questione che va oltre le mie conoscenze, mi limito a sottolineare che la zona franca e il porto di Livorno sono, così come è stato nel recente passato, un matrimonio perfetto, come Pontedera con la Vespa. Occorre individuare il pertugio giusto dove far passare la procedura per la sua realizzazione.
Per questo occorrerebbe che le autorità cittadine coinvolte remassero come gli Scarronzoni nella stessa direzione, perché “il mondo si fa da parte per lasciar passare chi sa dove va”, come recita un vecchio proverbio giapponese. Al quale si potrebbe aggiungere, con un passaggio più a ovest: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto…”. Evitando di bussare alle porte dei soggetti sbagliati e di parlare con le statue, come Diogene, o con la sensazione interiore di farlo con i muri, come il grande ZEB.
In perfetta sintonia con le sue meravigliose e pazzesche origini, Livorno è la città delle religioni. Nel 2019, in occasione delle celebrazioni per il 400° anniversario della proclamazione di Livorno a Città, fu organizzato un Tavolo delle religioni, con “l’obiettivo di contribuire a una maggiore conoscenza delle realtà religiose presenti in città e a una migliore collaborazione tra Ente locale e comunità di fede cittadine”. Il momento iniziale fu il convegno “Religioni in dialogo”, svoltosi nel 2006, mentre il 30 ottobre dello stesso anno è stato istituito ufficialmente il Tavolo delle religioni. Il relativo protocollo d’intesa tra Comune e Comunità è stato siglato da ben 27 fedi diverse.
Non ci manca nulla per trasformare quel tavolo in un edificio pubblico, in un “Centro Studi” aperto al dialogo interreligioso, al confronto, all’insegnamento (perché no, a livello universitario), al dibattito, al dialogo tra religione e scienza e alle varie pratiche spirituali e meditative (Yoga, Tai-Chi, Zazen, Qi-Gong, Shiatsu, Vipassana, meditazione, danza dei dervisci, dhikr, contemplazione, preghiera…).
Giunto fin qui, trattengo con difficoltà la tentazione di fare un triplo salto carpiato, solo per non far saltare sulla sedia qualche rappresentante delle 27 fedi che hanno siglato il citato protocollo d’intesa con il Comune, e quindi non accenno a quella parte della legislazione speciale di Amsterdam, città tollerante e intransigente quando le leggi non vengono rispettate, che sembra studiata e pensata per Livorno che, se traslata all’interno delle nostre cinta murarie, trasformerebbe i nostri leggendari “fossi” in canali europei e internazionali affollati di turisti provenienti da tutto il mondo.
Lascio ad altri, più competenti di me, l’individuazione di proposte capaci di far crescere l’economia e il lavoro nella nostra città e concludo questa breve nota cercando di rendere comprensibile l’affermazione iniziale delle due “nascite contemporanee” citate all’inizio. La più aggiornata ricerca scientifica ha liquidato il Tempo a semplice costruzione mentale, mettendo anche in discussione il concetto di uno Spazio riempito qua e là da solida realtà materiale (che non si trova nei laboratori di fisica nucleare, subnucleare e astroparticellare), mentre noi continuiamo a pensare al mondo secondo i vecchi paradigmi newtoniano e cartesiano, ormai obsoleti.
Come disse il noto fisico Wheeler: “lo spazio non esiste. Il tempo non esiste”. Non è stato il Cielo a consegnarci la parola “tempo”. L’ha inventata l’uomo… Se ci sono problemi con il concetto di tempo li abbiamo creati noi… come diceva Einstein: “il tempo e lo spazio sono modalità del pensiero, non condizioni del vivere”».
Prima di scrivere questa nota è riapparsa casualmente tra le scartoffie una vecchia sintesi, che risale al 2009, del pensiero filosofico del genio argentino Macedonio Fernández, il quale asseriva che «nessuna cosa in sé, nessun “noumeno” giace oltre ciò che viene “sentito” da ciascun io (inerentemente non esistente, come asseriva anche Hume), perché ciascun io è solo ogni possibile “sentido” (percepito). L’Io, la materia, il tempo, lo spazio sono ciò che manca al mondo. Non vi è un mondo al di fuori della coscienza, e non esiste nessuna coscienza separata e privata».
Se così fosse, si potrebbe affermare, in maniera molto intrigante, che ogni singolo cittadino registrato negli atti di nascita dell’Ufficio di Stato Civile di Livorno è nato insieme al mondo (con una storia solo diversa) proprio qui, a Livorno, in un tempo concettualmente costruito da una coscienza Unica e immateriale, che appartiene a tutti e a nessuno in particolare.