Il format della comicità “in piedi” (da qui Stand-up comedy) è approdato in Italia ormai da un po’ di anni e sta letteralmente spopolando, anche tra i live club e i palchi della Toscana.
Sarà capitato a chiunque di aver sentito parlare di stand-up o di aver partecipato ad una serata dal vivo, di aver visto spezzoni comici nei Reels di Instagram, di scrollare su Netflix tra gli episodi degli stand up comedians più esilaranti.
Per molti anni la comicità come forma di intrattenimento l’abbiamo consumata passivamente, perlopiù tramite gli show televisivi: si pensi a Zelig o ai programmi di prima serata, condotti interamente dai personaggi comici più in voga del momento.
Con la stand-up comedy, invece, la risata torna ad essere contagiosa. Ritornano gli applausi, le risate esplose e quelle sommesse, le prove tecniche del microfono, la voce tremante del comico alle prime armi e l’imbarazzo di essere intercettati nel pubblico come “capro espiatorio” per il momento di improvvisazione.
La stand-up prevede pochi ed essenziali elementi: un palco, un microfono, uno sgabello e uno o più comici che si alternano. È la forma minimale della comicità, non necessita di maschere, scenografie o musiche, ma non per questo è meno potente, anzi: la rottura della quarta parete rende l’esperienza dal vivo ancora più forte, una relazione diretta tra il comico e il pubblico che diventa parte integrante dello spettacolo.
In Toscana si è affermata la Locura Comedy, un’associazione che già da anni porta in giro il suo gruppo di stand-up comedians, facendo conoscere tra i locali e i teatri delle principali città toscane l’arte della Stand- up comedy e riscuotendo sempre grande successo.
Da una chiacchierata fatta con alcuni di loro, Luca Smit e Alessio Zannotti, abbiamo scoperto qualcosa in più sulla nascita e l’esplosione del fenomeno della Stand Up Comedy in Italia, in particolare in Toscana, e su come si pratica il mestiere del far ridere.
Come e quando nasce la stand-up comedy?
L: La Stand up alla quale ci riferiamo oggi nasce a metà del ‘900 negli Stati Uniti, come evoluzione “naturale” della comicità classica, ovvero il cabaret. C’è da precisare che nei paesi anglofoni, in realtà, non esiste una netta differenza fra cabaret e stand-up (differenza che invece in Italia c’è) e spesso si usa il termine cabaret per riferirsi indistintamente a entrambe.
In quali Paesi ha avuto più successo questa forma di spettacolo?
A: Tendenzialmente nei paesi anglofoni. Stati Uniti e Gran Bretagna su tutti.
Come si diffonde in Italia?
L: In Italia la stand-up comedy viene portata dal gruppo romano di Satiriasi, dal quale sono usciti gli autori più importanti della “prima generazione” di stand-up comedian, molti dei quali sono tuttora figure di riferimento nella scena (Montanini, Giardina, De Carlo). Ma alla vera esplosione stiamo assistendo ora, un momento storico in cui questa forma di intrattenimento sembra aver accumulato la giusta spinta per passare da fenomeno di nicchia a forma di spettacolo diffusa a livello nazionale. L’esplosione vera e propria deve ancora arrivare, a mio avviso.
In questo momento chi sono i personaggi comici italiani più affermati?
A: Come al solito la scena romana si può definire il centro della stand-up italiana quindi oltre alla “vecchia guardia” si sono affermati comici come Luca Ravenna, Edoardo Ferrario, Stefano Rapone che fanno solitamente sold out e sono sempre una garanzia quando si esibiscono sui vari palchi. Oltre a loro ci sono tanti altri comici che si potrebbero definire di medio livello, ma non per questo meno bravi, attivi in tutta Italia.
In quali città della Toscana si è più diffusa?
A: La scena di Pisa è la più strutturata. Abbiamo dietro persone come Davide Pellegrino e Simone Spatuzza che sono i nostri direttori artistici senza contare l’esperienza sul palco di Ivano Bisi, Salvatore Zappia e Francesco Fanucchi. Nel resto della Toscana stiamo provando ad allargare il movimento in città come Viareggio, Lucca, Livorno. L’altra scena della Toscana è quella di Firenze dove troviamo i ragazzi del Cianuro Comedy Klan con cui collaboriamo.
Come si arriva ad esibirsi su un palco di stand up comedy?
L: Non c’è un modo vero e proprio. C’è chi arriva dal teatro, chi dall’improvvisazione e chi non era mai salito su un palco prima, come me ad esempio. Nella stand-up più sei te stesso, più funzioni. Non si deve creare un vero e proprio personaggio, né recitare i testi in modo troppo teatrale. La spontaneità paga, perciò non c’è bisogno di una vera e propria formazione. Chiaro che poi alcuni dettagli più tecnici vanno curati. Non credo che la comicità sia qualcosa che possa essere insegnata: ce l’hai o no. E quello che è più importante è avere qualcosa da dire. E sicuramente saperlo scrivere in forma comica, ma questo si può acquisire e migliorare col tempo e l’esperienza.
Come si struttura la serata? Ci sono momenti di improvvisazione?
L: Di solito c’è un MC (banalmente: un presentatore), che non ha solo il ruolo di presentare la serata e i comici, ma anche quello di scaldare il pubblico, soprattutto all’inizio, e fare da filo rosso fra un comico e l’altro senza che si perda l’energia nella sala. E poi, chiaramente, ci sono i comici. Le combinazioni possono essere diverse a seconda del minutaggio che ogni comico fa: serate con due artisti, con 3, con 4 fino anche a 10 o più (il nostro massimo è stato 13. Un’odissea, alla fine nessuno aveva più un cazzo di voglia di ridere).
A: Per quanto riguarda l’improvvisazione quando avviene fa parte dello spettacolo. È sempre divertente vedere un comico che esce dal testo per fare una battuta su qualcosa che sta accadendo sul momento. Ed è divertente pure per il comico farlo!
Cosa cerca il pubblico in uno spettacolo di stand up comedy?
L: Divertimento, prima di tutto. Non dobbiamo mai perdere di vista il fine essenziale della stand-up: fare ridere. Rispetto al passato però, la gente ora non vuole ridere di un personaggio, di una macchietta o caricatura, vuole ridere di se stessa e quindi attraverso quella risata trovare anche un po’ di liberazione e conforto. Il pubblico della stand-up vuole identificarsi e ritrovarsi in ciò che sente raccontare sul palco e riderci su.
Quali sono i temi che più fanno ridere?
A: Credo che parlare attraverso il proprio punto di vista faccia sì che dal particolare si arrivi al generale. Il pubblico quindi si rispecchia in quello che ascolta. Non credo ci siano temi più o meno divertenti, quanto piuttosto comici più o meno divertenti. Quanto più il comico è bravo a far entrare lo spettatore nel suo mondo e nel monologo che ci ha costruito, tanto più lo spettatore si divertirà.
L: Il pubblico vuole ridere di sé stesso e in tal senso i racconti personali non sono mai veramente personali, ci sarà sempre qualcosa in cui la gente si riconosce e quindi che ascolta con più interesse. I temi sociali e che riguardano l’attualità, se trattati in modo originale, restano temi forti di questo tipo di comicità, l’unico problema è che nell’era del social network invecchiano male e si consumano già dopo una settimana, a dire tanto.
Cosa ne pensi degli spettacoli e serie TV sulla stand-up presenti sulle piattaforme streaming?
A: In questo caso devo dire che Netflix ci ha fatto un favore. Rispetto al passato abbiamo la possibilità di vedere centinaia di comici diversi e di “studiarli” per affinarci. Per quanto riguarda le serie tv io personalmente le apprezzo: sia Mrs. Maisel (nonostante l’ultima stagione non si possa vedere) che Drôle, che ho apprezzato molto per la verosimiglianza di alcuni passaggi. Si capisce che chi l’ha scritta è salito sul palco e conosce gli stati d’animo che prova un comico prima e durante un’esibizione.
L: Alcuni prodotti, ad esempio Drôle e Mrs. Maisel, sono di qualità, ma preferisco gli spettacoli dal vivo nei piccoli club. Ad ogni modo, la quantità di programmi a tema stand-up che riempie i cataloghi dello streaming dà l’idea di come questa stia prendendo sempre più piede ovunque.
Qual è il palco più importante dove potersi esibire in Italia e all’estero? E aprendo la serata di quale comico famoso?
A: Ci sono due dimensioni: quella del comedy club per cui in Italia penso al teatro Zelig o ad alcuni locali di Roma dove puoi incontrare professionisti che provano i loro pezzi. Mentre all’estero penso ai Comedy Store di Los Angeles e Londra, o al Comedy Cellar di New York, vere e proprie istituzioni della stand up. Indubbiamente aprire lo spettacolo di Louis CK credo che sia il picco massimo in ambito di aperture di spettacoli altrui.
L: In italia, parlando di circoli e comedy club, direi il palco dello Zelig (il locale, non il programma tv) e del Ghe Pensi Mi (dove ho avuto il piacere di esibirmi un mesetto fa) a Milano. Ci sono poi ovviamente i teatri, un settore in cui però non c’è un vero e proprio riferimento per la stand-up. All’estero ce ne sarebbero veramente troppi da elencare, mi limito a dire che negli Usa e in Inghilterra ci sono i club storici che ospitano le serate di stand-up comedy. Comici famosi a cui aprire la serata? Se parliamo in termini di mera visibilità, indubbiamente Luca Ravenna, Stefano Rapone, Francesco De Carlo e tutti gli altri già menzionati. All’estero ci sarebbe l’imbarazzo della scelta. Potessi sceglierne uno, direi Louis CK.