Perché escludere a prescindere un’alleanza tra PD e M5S? In gioco ci sono i prossimi 5 anni di Governo del Paese. Non è tempo di essere puritani. Dobbiamo essere pragmatici.
Mai avrei pensato – sicuramente così a breve distanza dalla non-fiducia del Governo Draghi di 2 settimane fa – di pormi questa domanda. E chi mi conosce sa quanto mi costa quanto sto per dire.
Dato che l’obiettivo di chi sta al centro o a sinistra sembra quello di voler battere la coalizione a traino Meloni – o, forse, ci abbiamo già rinunciato? Nel caso vorrei saperlo, grazie – cosa ci impone di escludere a prescindere un’alleanza con “il partito di Conte” (cit.)?
Perché i sondaggi parlano chiaro: si rischia un cappotto nei seggi uninominali, soprattutto al Sud, dove i 5Stelle tengono ancora botta.
Partiamo dalla prima obiezione, quella prevalente: “mai con chi ha fatto cadere il Governo Draghi” (cit. Calenda). Scusatemi, ma è troppo poco. Il sistema elettorale con il quale ci apprestiamo a votare – non perfettamente proporzionale ma che assegna un terzo dei seggi al maggioritario – ci impone di fare riflessioni un po’ più articolate.
Eppure, il PD ha governato con il M5S per gli ultimi tre anni e nei primi due lo ha fatto quando ancora alcuni dei ministri pentastellati non rinnegavano la precedente esperienza fatta con la Lega. È stato addirittura ritenuto valido lo stesso Presidente del Consiglio: Giuseppe Conte. Lo stesso che aveva presentato in conferenza stampa a fianco di Salvini i “decreti sicurezza”, fortemente voluti dalla Lega. Mi ricordo che tanti storsero il naso. Ma che poco dopo hanno ritenuto possibile fare quell’esperienza di Governo, la più duratura di questa legislatura.
In quel momento (2019-2020), guardando i programmi elettorali e i vari proclami, le differenze tra il Movimento acchiappattutto e il PD (la sinistra in generale) erano molto più ampie di adesso. Forse perché i 5S dovevano rappresentare il 33%? O forse perché era la loro prima esperienza di Governo e dovevano ancora capire chi volevano essere da grande? Chissà. Fatto sta che, confrontando i programmi di oggi, c’è molta compatibilità (azzardo: sovrapposizione) tra M5S e Sinistra Italiana, e anche con il PD – forse di più di quanta ce ne sia con Azione.
Altra obiezione possibile: non possiamo fidarci. E di chi ci si può fidare ciecamente, oggi? Negli ultimi 10 anni il PD si è fidato di Alfano, di Renzi, persino di Berlusconi. E anche di Calenda (eletto in Europa nelle sue liste). E sappiamo come è andata a finire. Adesso ci fidiamo di Di Maio, addirittura candidandolo nelle liste progressiste. Lo stesso Di Maio che nel 2018 chiamava i gommoni che facevano spola tra la Libia e Lampedusa “taxi” del mare.
Io sono il primo a dire che l’enfant prodige di Pomigliano d’Arco ha fatto notevoli progressi dal punto di vista di maturità politica negli ultimi anni. Non è un caso che Tabacci abbia fatto un parallelismo con i suoi figli. Di Maio è diventato un degnissimo figlio di.. democristiano. Nel senso buono, ovviamente. E allora: se ci fidiamo di lui, perché non di Conte?
Ultima possibile obiezione: gli elettori non capirebbero. Cosa, di preciso, non capirebbero? A quel punto, gli elettori avrebbero due scelte: da una parte una coalizione di centro-sinistra, dall’altra una di destra-centrino. Io credo che la scelta, almeno per chi si identifica nei valori progressisti, sia molto più semplice.
A me basta il pensiero di 5 anni di: Meloni premier, Salvini sceriffo, Berlusconi Presidente del Senato, modifiche unilaterali alla Costituzione, ecc.. per sapere da che parte stare.
Non è il tempo di essere puritani: dobbiamo essere pragmatici.
Sarà che sto invecchiando, sarà che non mi scandalizza o sorprende quasi più nulla, almeno in politica, mi chiedo: M5S, perché no?