La tragedia dell’orso in Trentino dovrebbe farci riflettere sulla nostra errata percezione di poter controllare la natura, sia quando quando immettiamo di nuovo una specia in natura, sia quando ci avventuriamo senza i dovuti accorgimenti nelle zone popolate da animali selvatici.
Nel film Jurassic Park, il matematico Ian Malcolm, una volta visitati i laboratori dove nascono i dinosauri, fa una obiezione agli scienziati che si rileverà poi azzeccata: come si fa ad essere convinti che i dinosauri, nonostante siano tutte femmine, non possano riprodursi?
Dice il matematico: “Se c’è una cosa che la storia dell’evoluzione ci ha insegnato è che la vita non ti permette di ostacolarla, la vita si libera, si espande in nuovi territori e abbatte tutte le barriere dolorosamente, magari, pericolosamente”. La vita, in natura, quindi, non si ferma, va avanti. E l’uomo non può controllarla.
Sulla base di quanto si dice della vicenda dell’orso bruno Jj4 che, pochi giorni fa, in Trentino, ha ucciso un ragazzo di 23 anni, il problema principale pare essere che gli orsi, da 10 quali erano quando furono introdotti nel 1998, siano diventati quasi 100, quando dovevano essere al massimo 50. Il progetto LIFE Ursus aveva previsto che gli orsi, infatti, si sarebbero riversati in tutto l’arco alpino. Ciò evidentemente non è successo.
L’altro problema, non secondario, è che ci si avventura nei boschi come se in quei boschi non ci fossero orsi. Che non sono animali mangiatori di uomini ma che, se si sentono minacciati, si difendono, attaccando.
L’errore di base, mai ammesso, è che si pensa, sempre, in un modo estremamente antropocentrico. L’uomo si illude di controllare la natura. Lo fa quando reinserisce una specie nella natura, lo fa quando si addentra nei boschi – che poi diventano casa degli orsi, dato che casa dell’uomo non lo sono mai stati – lo fa quando decide che gli orsi devono essere abbattuti. Non ha il controllo, ma stimola la vita. Non ha il controllo, e ne decreta la morte.
Nelle ultime settimane, altri esempi di questa illusione non sono mancati: è di pochi giorni fa l’ultima della raffica di notizie dedicate agli incidenti che hanno coinvolto gli escursionisti, dispersi a causa delle valanghe.
L’illusione del controllo è, appunto, un’illusione, un sogno. Come può pensare una specie di controllare il sistema nel quale è inserita?
I boschi, in Italia, ci sono sempre stati – oggi coprono il 38% del territorio, in costante aumento – così come i loro abitanti: lupi, volpi, orsi e altri animali selvatici. Fino agli inizi del secolo scorso la percezione del pericolo legato all’altro, al non-umano, c’era. C’era la coscienza di doversi confrontare con il territorio selvaggio, ma senza l’illusione di controllarlo. Poi, per un periodo non lunghissimo ma abbastanza lungo per permettere alla natura di recuperare terreno e all’uomo di dimenticare, le popolazioni montane e di campagna hanno abbandonato i loro borghi lontani e si sono riversati nelle città, attratti dalle opportunità di un futuro scintillante.
Così, dopo qualche decennio di progresso tecnologico, con uno smartphone in una mano e una torcia nell’altra, ci siamo illusi di poter controllare la natura, e ci siamo avventurati nei boschi senza più memoria storica di cosa sia un orso o un lupo – e nemmeno una valanga.
Forse dovremmo ripartire da questo: ammettere che abbiamo sbagliato, che la Natura non si controlla. La natura si rispetta. Con la natura ci si confronta e, al massimo, alla natura ci si adatta.
Per questo, seppur dispiaciuto per la morte del ragazzo, sto dalla parte dell’orso e contro l’ordinanza vendicativa del Presidente della Provincia autonoma Fugatti, sospesa dal TAR. Fugatti, da buon leghista, ha già identificato il nemico di turno: non nero questa volta, ma pur sempre scuro. Bruno, pardon.
No alla vendetta, sì all’educazione alla natura. Qui le campagne di LAV e WWF.