Martedì Ursula von der Leyen ha presentato il ReArm Europe Plan, un piano che discusso dai capi di stato e di governo durante il Consiglio di ieri. Questo progetto mira a rafforzare le capacità militari europee e a creare le basi per una difesa comune.
Cosa prevede il ReArm Europe Plan
Il piano, che forse sarebbe più corretto chiamare Arm Europe (dato che al momento l’UE non è certo armata), non è perfetto. Non prevede un fondo comune europeo per la difesa, uno strumento già ipotizzato dalla CED negli anni ’50 ma fallito a causa della mancata ratifica da parte della Francia. Tuttavia, rappresenta un primo passo per fornire all’Unione Europea quella forza e deterrenza militare che vanno sempre a braccetto con la politica estera.
Il piano poggia principalmente sulla capacità di spesa dei singoli Stati membri. Von der Leyen ha spiegato che ci sarà una deroga al Patto di Stabilità:
“Se gli Stati membri aumentassero la spesa per la difesa dell’1,5% del PIL in media, questo potrebbe creare uno spazio fiscale di quasi 650 miliardi di euro nel periodo di quattro anni.”
C’è anche la proposta di fornire 150 miliardi di euro in prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa, una sorta di SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), lo strumento già utilizzato per affrontare i rischi di disoccupazione durante la pandemia da COVID-19. Questo meccanismo prevede l’emissione di debito da parte della Commissione Europea, sfruttando il suo rating, per consentire ai Paesi di risparmiare sul debito nazionale.
A questi strumenti si aggiungono gli investimenti della BEI (Banca Europea per gli Investimenti), l’eventuale utilizzo dei fondi di coesione (a discrezione degli Stati membri) e gli investimenti privati. Complessivamente, si parla di un totale di circa 800 miliardi di euro in cinque anni per l’intera UE.
Le reazioni italiane: tra critiche e contraddizioni
Il ReArm Europe Plan ha suscitato reazioni contrastanti in Italia.
Non commenterò le dichiarazioni di Matteo Salvini (che per anni ha invocato la leva obbligatoria dimenticando cosa significhi davvero addestrare i giovani all’uso delle armi) o di Giuseppe Conte, ormai avvitato in una retorica stantia. Le vere perle arrivano dalla sinistra italiana.
La segretaria del PD, Elly Schlein, ha dichiarato:
“Quella presentata oggi da von der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse.”
Un’affermazione che suona paradossale: si vuole un esercito europeo, ma disarmato?
Questa posizione rispecchia la difficoltà del PD nel tenere insieme le sue due anime: da un lato la maggioranza schleiniana con il suo pacifismo di facciata, dall’altro la componente riformista (sempre più silente, eccezion fatta per Guerini e Picierno). Ma, come è noto, acqua e olio non si mescolano, e il partito dovrebbe presto decidere che strada prendere.
Ancora più prevedibili le reazioni di Alleanza Verdi e Sinistra (Bonelli e Fratoianni), che hanno rispolverato gli slogan del pacifismo anni ’70: “No alle armi”, “Investiamo in scuole e ospedali”.
Infine, il variegato mondo comunista/postcomunista ha fatto sentire la sua voce, riproponendo le solite frasi: “Non esiste guerra giusta”, “La Russia non è nostra nemica”, “Gli USA imperialisti”. Un nostalgico salto nel passato che confonde la Russia attuale con l’URSS, alimentando una visione distorta della realtà.
Conclusione: un nuovo capitolo per l’Europa
La verità è che l’Europa deve prendere atto di un cambiamento globale. Il mondo che conoscevamo — con gli USA a proteggerci, la Cina a produrre, la Russia a venderci materie prime a basso costo — è finito.
Abbiamo vissuto 80 anni di pace e democrazia grazie alla protezione militare americana. Oggi, con un’America sempre più isolazionista, non possiamo indignarci se l’Europa tenta di costruire la propria difesa.
Eppure, è curioso notare come per alcuni sia “preoccupante” che l’UE si riarmi, ma non lo sia l’invasione imperialista di un paese confinante da parte di un dittatore.
Il ReArm Europe Plan è solo un inizio, ma è una discussione che non possiamo più rimandare.