L’ardire, questa volta, è aprire una riflessione sul governo della città a partire da un bel libro di politologia, che se da solo non può far diventare sapienti su “cosa sia la politica livornese, chi l’abbia fatta, dove e quando” può richiamare certe domande e aiutare a volerle vedere.
Città al voto. I sindaci e le elezioni comunali, Baldini e Legnante, Il Mulino, è stato scritto nel 2000, mentre Gianfranco Lamberti era il sindaco di Livorno in carica per il suo secondo mandato. Inevitabile digressione: i sindaci governano per cinque anni, e se riescono a essere rieletti, possono restare alla guida di una città alle elezioni successive; dunque, possono fare questo lavoro per dieci anni consecutivi. Ma una volta sola in tutta la vita? E perchè Lamberti, potrete facilmente leggere su wikipedia, è stato sindaco per dodici anni invece che dieci? Reperite queste informazioni, uno è già nelle condizioni di chiedersi altre cose: per esempio se abbia un’opinione riguardo ai tempi di vita e cambiamento delle cariche politiche locali e quale sia.
A Livorno, dal 1944 a oggi, i sindaci sono stati sette. Il primo era un comunista di ventisette anni, Furio Diaz, eletto fra le fila del PCI e rimasto in carica dieci anni. Il quarto è stato Alì Nannipieri. Fece requisire una tipografia, una importante, quella di una testata cittadina, in un’epoca in cui queste cose segnavano mosse cruciali in una scacchiera politica fra partiti che erano come autostrade. Importanti, potenti, pericolosi. Ma questo nel libro non c’è. Potreste essere solo voi ad avere voglia di leggere e cercare qualcosa a riguardo; oppure potreste essere voi che, se avete amiche o amici che studiano storia o scienze politiche all’università, o amiche o amici che vogliono fare i saggisti, dite quanta urgenza ci sia di riempire i buchi di una storia che è nostra, recente e ricchissima.
L’ultimo sindaco dei sette sindaci livornesi del dopoguerra è Alessandro Cosimi, ancora in carica. E questo c’è nel libro, sì: perchè quello che distingue Alessandro Cosimi e, prima di lui, Gianfranco Lamberti, dai loro cinque predecessori, è il fatto di essere stati eletti in un modo nuovo, cioè attraverso l’elezione diretta della cittadinanza, modo che è stato istituito attraverso una riforma legislativa del 1993, che è l’argomento principale del saggio di cui parliamo.
Si tratta del passaggio fra la ‘forma partito’ alla ‘forma Comune’? O ancora, è una svolta nell’idea di governo ‘per partiti politici’, da cui dipende tutto quello che è successo in Italia dopo il 1993? Ci tengo a ribadire che queste 500 parole la settimana, o giù di lì, sono fatte per fare l’unica cosa che la sottoscritta può offrire, ovvero una proposta di lettura, e non giornalismo politico. Quindi cosa pensare è una responsabilità, o una curisità vostra. A me resta l’impegno preso di leggere e poi recensire libri belli, leggibili, utili a pensare.
Questo è un bel libro. Se lo prendete in mano e dall’indice scegliete anche solo un capitolo, o due, da leggere, avrete occasione di sentire il peso, la qualità di una considerazione importante, che poi gli autori riassumono nel capitolo finale, e che forse potrebbe sospendere un po’ di commenti della mattina al bar e far pensare che non ci avevamo mai pensato. Altra e ultima speranza, consigliando di leggere questo libro, è che questo leggendario PCI, che ha fatto la storia della nostra coscienza civile nell’idea stessa di politica, vi rimanga in mente, perchè l’argomento dei prossimi due libri è il PCI.