Essere creativi non significa soltanto realizzare un’opera o un prodotto, vuol dire pensare a spazi da dedicare allo sviluppo di nuove idee. Dal vuoto occupazionale generato dalla crisi, è nata in questi anni l’esperienza del coworking.
Coworking letteralmente significa lavorare insieme ed è un’ idea nata per la prima volta a San Francisco circa dieci anni fa per far fronte all’eccesso di lavoro incontrato dai super informatici, neanche a dirlo, della Silicon Valley.
Ad oggi il coworking rappresenta una delle possibili vie di uscita ad una fase di crisi e stagnazione economica che dura ormai da troppo tempo, infatti il fenomeno è in continua ascesa in Italia. Dal 2006 la crescita degli spazi di lavoro condivisi è aumentata esponenzialmente moltiplicandosi anno dopo anno. Attualmente le esperienze di coworking sono arrivate ad essere in Europa più di 800.
Inquadrare la figura dei coworkers non è semplice: sono soprattutto dei professionisti di una età che va dai 20 ai 50 anni e le professioni messe in “condivisione” sono le più disparate come ingegneri architetti, grafici, designer ma anche parrucchieri e business men con la valigia sempre a portata di mano. Sono infine più uomini che donne a intraprendere questo tipo di esperienza.
Agli albori, i primi progetti di questa nuova forma di condivisione si svolgevano all’interno di aree dismesse per esempio vecchi capannoni, edifici industriali abbandonati, o comunque tutti quei luoghi che erano generalmente considerati “poveri”. Oggi invece le location “povere” da riutilizzare sono diventate quelle aree dei centri direzionali desertificati che con la crisi hanno assistito alla chiusura della maggior parte delle aziende.
Le parole più usate quando si tratta di coworking sono: contaminazione, mutualismo, cogestione, autonomia.
Il coworking non si limita a rappresentare la condivisione di spazi e di strumenti: chi decide di lavorare insieme nel medesimo luogo lo fa per dare e ricevere ispirazione, spunti di lavoro. . Questo è vero che non sono soltanto i vantaggi logistici a fare in modo che le persone decidano di condividere uno spazio. Secondo la rete Cowo, il network più importante di coworking italiano, le relazioni vengono prima del profitto. Se invece alla base di queste iniziative ci fosse stato il guadagno sarebbero nate soltanto delle esperienze di studio associato in cui tutti i componenti mirano al perseguimento di un obiettivo comune invece in questo tipo di approccio si vuole collaborare ma conservando la propria individualità, questo per migliorare le proprie relazioni e individuare nuove soluzioni operative.
Alcuni spazi di coworking sono stati pensati dagli imprenditori di internet, nomadi alla ricerca di una alternativa al lavoro nei bar o nelle biblioteche silenziose o nell’isolamento in un ufficio. Il coworking ha offerto così una soluzione al problema dell’isolamento, che molti creativi e freelance incontrano lavorando in casa.
L’organizzazione degli spazi in un luogo di questo tipo è essenziale infatti devono essere dotati almeno di scrivanie, attacco computer, strumenti e spazi di condivisione, sale riunioni scaffali e spazi relax.: tutto questo può essere affittato per vari periodi di tempo, oltre a poter diventare la sede legale di società nate nella generazione dei pensatoi 2.0
Le pubbliche amministrazioni in partnership con operatori privati stanno cominciando a muoversi nel senso di una maggiore apertura di credito per le esperienze di coworking, molti infatti sono i bandi preparati per favorirle sui territori. Il motivo di questo fiorire di iniziative è la capacità di concentrare competenze specializzate facendoli diventare dei motori per veicolare pratiche di sviluppo. Città come la nostra potrebbero diventare, grazie al sostegno pubblico e alla spregiudicatezza di qualche privato, il luogo ideale nel quale sviluppare esperienze di coworking, lasciando fluire la corrente creativa di cui Livorno è straordinariamente ricca.