È un argomento gettonato, caduto nel dimenticatoio per anni e giustamente tornato alla ribalta negli ultimi. Indiscutibile segno di civiltà e lungimiranza, la raccolta differenziata purtroppo non è ancora un dovere, ma dovrebbe esserlo, all’interno delle amministrazioni comunali. Il motivo per cui mi trovo in questa estate poco estiva a parlare di “civiltà differenziate”, di chi “la fa in casa” o chi non ha un comune capace di una rete porta a porta, di chi “eh ma è scomoda, vuoi mettere il bussolo unico ?” è un’occasione singolare. Sta di fatto che da oggi credo fermamente che sia il porta a porta, che la possibilità di portare avanti la raccolta differenziata con criterio, sia condizione necessaria per un comune civile.
Ma per arrivare a questa conclusione avreste dovuto trovarvi lì con me.. su uno scooter 125 scalcinato ed ai limiti della decenza, un sacco-Godzilla di rancida indifferenziata tra le gambe, ormai fermentato in un torrido pomeriggio sardo.
Dove vado a trovare la più grande lezione di amministrazione comunale in materia di raccolta differenziata? A Livorno? No della differenziata livornese ha già parlato Martina Caluri in un articolo di Maggio su questo blog. Bensì, in vacanza.
Mentre l’asfalto cuoceva le ruote del mio ignobile mezzo di trasporto, i miei occhi cercavano disperatamente, strada per strada, la sigla “REA” o “GEOFOR”, divenute ormai sinonimo dell’italianismo “TE BUTTA TUTTO LÌ, CHE CI PENSIAMO NOI !”..
Noncurante di trovarmi in un paese altamente civilizzato, da buon “italiano”, sinonimo di “fare la cosa più veloce e con il minor impegno” avevo ingozzato un unico sacco nero di tutta la spazzatura, e spesso mi ero chiesto quando sarebbe passato il camion della nettezza urbana. Ma io mi trovavo a Villasimius e la città-paese, fiore all’occhiello della Sardegna meridionale, ha una peculiarità unica: non esistono cassonetti.
È per questo che, varcando la soglia dell’“Isola Ecologica”, con il mio drammatico carico di contrabbando, sinonimo di una vergogna che ormai potevo nascondere abilmente solo dietro un casco, la mia autostima scendeva a livelli infinitesimi, e da Homo Sapiens mi sono sentito un Homo Zollones. Ed in quel momento ore ed ore di discussioni con chiunque e serate di teorie tecnologiche asimoviane con strumenti fantascientifici adibiti alla raccolta dei rifiuti, si sono sciolte come neve al sole
La soluzione sarda? Semplice: telecamere ad ogni lato di qualsiasi spiazzo, multe salatissime per i trasgressori, una rete efficientissima di raccolta differenziata porta a porta 7 giorni su 7 (con bussolotti nominali) ed un’isola ecologica posta in posizione strategica.
Mentre me ne tornavo verso casa non ho potuto biasimare le offese dell’addetto alla nettezza urbana, che ha concluso il suo tripudio di giusto imprecare con un “e falla meglio la prossima volta! Cazzo!”
Saluto a testa bassa, ho capito la lezione e sono qui a raccontarla.
Di fronte a me c’era il futuro e nello specchietto i comuni incapaci di portarlo avanti.
Civiltà e (in)Civiltà differenziate.