Dal mio ultimo articolo ho cercato di impormi la regola della chiarezza e del dialogo “comprensibile” da instaurare con i lettori/elettori. Con tutti quelli cioè che vorrebbero capire posizioni politiche, idee, memorie, valutazioni sulla città e sulla politica in generale. Un blog è luogo ospitale per poter dire le cose con un linguaggio diverso.
Il “piatto del giorno” è: cultura e teatro. Non un teatro qualsiasi ma il Goldoni di Livorno. Le metto subito insieme la cultura ed il teatro Goldoni, perché se c’è un simbolo nel bene o nel male del senso comune sull’argomento, è proprio questa stupenda struttura. Purtroppo però nella nostra amata città il senso comune su questo argomento non va a braccetto con il buon senso. Anzi, come dare torto al caro Manzoni, visto che di cultura si parla, e al suo: “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”.
Prendo spunto da questa lotta ideale tra senso comune e buon senso per dire quattro cose.
1) Il senso comune è radicato spesso nel demolire quello che si ha o nell’accorgersi di quel che si ha solo quando ci viene tolto. Questo stato d’animo è quello che fa fioccare cori di indignazione improvvisati quando una mostra di Modigliani va a Pisa, ma fa dimenticare luoghi, storia e memoria di quello stesso artista durante tutto il resto dell’anno. Così accade quando si parla del Goldoni. Passato alle cronache di fronte ad una strana polemica innestata dalla scarsità di fondi e poi ahimè poco frequentato e vissuto se non da afecionados. Il buon senso vorrebbe una città fiera ed orgogliosa di quel che ha, chiaramente non mitizzando o paragonandosi alle grandi città d’arte e di cultura del nostro splendido paese, ma rendendo vivi i punti di forza. Il festival Pucciniano che si tiene ogni estate dagli anni 30 a Torre del Lago attirando migliaia di spettatori, nasce in quei luoghi poiché Puccini rimase a Torre del Lago per trent’anni componendovi le sue opere maggiori, tra cui Tosca e Madama Butterfly. Il territorio ha sapientemente unito storia, memoria e cultura creando una sinergia duratura. Ricordo al riguardo che a Livorno è nato tale Pietro Mascagni di cui la città ospita la tomba e una grande terrazza sul mare, ma a parte la onnipresente Cavalleria Rusticana, non è riscontrabile un festival continuativo e vissuto dal nostro territorio. La conclusione del primo punto è chiara: il Goldoni, Mascagni, Modigliani sono alcuni esempi intorno ai quali fondare una coscienza storica e culturale della nostra città, per evitare di essere uniti solamente attorno alle indignazioni verso gli altri sempre migliori e più “ganzi” di noi.
2) Il senso comune ci porta a considerare la cultura come un qualcosa di elitario. Pensiero probabilmente erede di quell’idea tradizionale che interpretava il teatro come tempo libero borghese e da salotto buono, un lusso. Da qui anche l’idea che la cultura sia una sorta di spesa improduttiva, rientrante sotto alla voce “svago” e fatta di risorse pubbliche facili da tagliare alla prima occasione. Il buon senso ci spinge verso l’idea che cultura è lavoro, è impresa culturale. Per far questo è necessario che anche il Goldoni si orienti sempre più alla ricerca di risorse, che valorizzi il proprio cartellone annuale, che spinga sempre più verso proprie produzioni da esportare, facendo forza sulla rete Toscana insieme al teatro Verdi di Pisa e al Giglio di Lucca. Se si è impresa, ci vuole un piano d’impresa che declini le idee politico-culturali e le orienti, ci vogliono capacità manageriali nella direzione ma anche una direzione artistica chiara, innovativa e credibile.
3) Il senso comune ha da troppi anni messo in antitesi una struttura che è per natura e professionalità delle proprie maestranze una punta d’eccellenza, con le tante realtà vitali di cui è forte la nostra città. Il buon senso vuole l’opposto. Il Goldoni vissuto come cattedrale nel deserto, autoreferenziale e chiuso a collaborazioni o a rapporti con una rete territoriale che lo deve vedere come punta di diamante di tutta la Provincia è un danno per entrambi i soggetti di questa equazione. Goldoni, Armunia, Istituto Mascagni, realtà locali giovani e indipendenti, cultura tradizionale e contemporanea devono potersi legare. L’onere di aprirsi sta però al pesce più grosso… E’ impensabile un progetto culturale della città che non sappia finalmente legare tutte queste realtà. Una buona idea potrebbe essere quella di costituire una “Consulta delle fondazioni e dei centri culturali” all’interno della quale le tante realtà cittadine si ritrovino per costruire insieme all’Amministrazione questo progetto per Livorno. Al suo interno potrebbero sedere ad esempio l’assessorato alla cultura, la Fondazione Goldoni, l’Istituto Musicale Mascagni, la Fodnazione Trossi Uberti, il Museo di Storia naturale Villa Henderson, la Biblioteca Labronica, Villa Mimbelli, il prossimo Museo della Città e varie rappresentanze delle iniziative indipendenti (penso al Teatro delle Commedie, al The Cage etc.)
4) Una direzione artistica. Qui si parla solo di buon senso. Il nostro è un teatro di tradizione, ce ne sono soltanto 27 in tutta Italia. Questo comporta oneri ed onori. Tra gli onori vi è anche la produzione di proprie opere da esportare/vendere nel circuito. Credo sia giunto il momento di pensare ad una figura specifica ed altra rispetto al direttore generale. E’ difficile far coesistere nella stessa persona capacità per le scelte gestionali e contabili, il reperimento delle risorse come attività continua e ad ampio raggio, con le scelte artistiche, di composizione del cartellone annuale, di sinergia con altre realtà, che non possono che basarsi su specifiche competenze e forte credibilità nel settore. Questa scelta dovrebbe essere dettata da logiche che garantiscano la trasparenza e la massima partecipazione di chi si candidi ad essere il volto del progetto artistico: un bando pubblico a livello nazionale potrebbe permetterci di trovare una grande personalità.
GLOSSARIO
Brevissimi cenni storici a corredo: il teatro Goldoni è un teatro di tradizione inaugurato nel 1847, passato alla storia per la scissione nel Partito Socialista del 1921 che ha portato alla nascita del PCI, sopravvissuto ai bombardamenti della guerra e oggetto di chiusura con successivo restauro durato 20 anni che ha restituito la struttura al pubblico nel 2004.
“I 27 teatri di tradizione, sono istituzioni fortemente radicate nel territorio che si qualificano a livello nazionale ed internazionale per una produzione lirica intorno alle 350 recite all’anno, puntando soprattutto alla promozione di giovani artisti. Svolgono anche un’attività di spettacolo multidisciplinare di danza, di prosa, di concerti sinfonici e da camera. I teatri di tradizione coprono un bacino d’utenza esteso all’intera provincia e servono complessivamente, con riferimento ai soli comuni, una popolazione di tre milioni di abitanti circa.”
Art. 28 legge 800 del 1967 “I teatri di tradizione e le istituzioni concertistico-orchestrali hanno il compito di promuovere, agevolare e coordinare attività musicali che si svolgano nel territorio delle rispettive Province. Il Ministro per il turismo e per lo spettacolo, sentita la Commissione centrale per la musica, può con proprio decreto, riconoscere la qualifica di “teatro di tradizione” a teatri che dimostrino di aver dato particolare impulso alle locali tradizioni artistiche e musicali e la qualifica di istituzione concertistica-orchestrale alle istituzioni con complessi stabili o semistabili a carattere professionale che svolgono annualmente almeno cinque mesi di attività.”