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Lo scandalo Moncler: questo non è il “Made in italy”

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Lunedì il mio pensiero è stato che non avrei mai voluto essere al posto di coloro che gestiscono la pagina Facebook, o la strategia comunicativa del brand Moncler. Non so se tutti avete seguito la vicenda, ma mi riferisco alla puntata di Report di domenica sera dedicata alla produzione dei piumini Moncler, emblema del lusso.

I retroscena che sono stati svelati sono stati a dir poco scomodi per il brand in questione. Sintetizzando è emerso:

– Il maltrattamento degli animali.  Alle oche vengono brutalmente strappate le piume provocando ferite alla pelle che vengono ricucite con ago e filo (nonostante l’UE autorizzi il piumaggio delle oche solo tramite una pettinatura priva di dolore per gli uccelli).

– La materia prima: non solo le oche vengono maltrattate, ma il piumaggio poi non è tracciato e viene mescolato, per la grossa quantità necessaria, ad altri materiali di bassa qualità

– La Transinistria: Siccome produrre in Italia costa troppo, l’azienda fake made in Italy ha delocalizzato la produzione in paesi dell’Europa dell’Est. In particolare spicca la Transinistria (stato autoproclamato sul territorio moldavo). Non so voi ma io ne ignoravo l’esistenza, e infatti non è riconosciuto né dall’UE né dalle Nazioni Unite

– Il costo: grazie a questa delocalizzazione, il costo di produzione di un piumino che in negozio paghiamo 1200 euro, si aggira tra i 30 e i 40.

I Social non perdonano, e lunedì, dopo l’inchiesta di Report, sulla pagina Facebook di Moncler si è scatenato l’inferno. L’azienda inizialmente ha adottato la tecnica del silenzio postando solo sull’homepage del sito una scritta che diceva testualmente “ Moncler utilizza solo piuma acquistata da fornitori obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali”.

Sufficiente ed efficace? Direi proprio di no. A seguire ieri è uscito un comunicato stampa ufficiale in cui in sostanza si nega il legame con i fornitori e si dice che il prezzo di produzione è incompleto.

Intanto però il titolo crolla in borsa e una discoteca milanese ha organizzato una serata pro Moncler perché crede che sia ingiusto “attaccare un’azienda italiana di successo”.

Lo scandalo, purtroppo, è solo l’ultimo di una lunga serie (nel servizio in questione, tra l’altro, era coinvolto anche Prada, altro grande brand italiano) e probabilmente l’azienda, assumendo esperti mondiali della comunicazione di crisi, riuscirà a risollevare il brand in poco tempo (l’hanno già  fatto Nestlè, Nike e molti altri).

Io credo che un’azienda, già era ricca in Italia, maltratta gli animali, se ne frega degli operai italiani e va in un paese dell’est che nemmeno esiste sulla cartina, vende roba di scarsa qualità a prezzi altissimi, meriti di essere boicottata da tutti noi.

Ci tengo a dire e sottolineare che il Made in Italy non è questo. Il Made in Italy è qualità, cura, bellezza. Il Made in Italy sono quelle aziende che hanno le rammendatrici più brave al mondo e le pagano come tali.  Sono gli artigiani che  fanno pezzi unici e si tramandano il proprio “saper fare”.  Sono le realtà che garantiscono una manodopera d’eccellenza.  Il Made in Italy è arte ed è un marchio unico al mondo.  Anche per questo, mai più comprerò un piumino Moncler e vi chiedo di fare la stessa cosa. Perché è vero che i social non perdonano, ma spesso dimenticano in fretta.

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