In ogni articolo di fine anno che si rispetti si tirano le somme dell’anno passato e si esprimono desideri per quello che verrà. Magari ci si sofferma sulle belle novità o su chi ci ha lasciato. Per fare un bilancio del vecchio e dichiarare i propositi per il nuovo si possono scegliere tante strade. Oggi io ho scelto la libertà. E in particolare la liberta di stampa e di espressione.
Partiamo dalle basi ricordando l’incipit dell’articolo 21, uno dei pilastri della nostra Costituzione:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Sacrosanto diritto quello di poter esprimere la propria opinione in ogni mezzo e forma, dalla parola allo scritto, fino ai mezzi di stampa e oggi i social network. Il 2015 è stato segnato da due importanti attacchi alla libertà di stampa: l’attentato di aprile alla redazione di Charlie Hebdo e l’affaire Vatileaks, ancora in corso e ancora da inquadrare per bene a mio avviso.
Due episodi significativi che al primo impatto lasciano una profonda indignazione: un giornale i cui disegnatori sono stati brutalmente uccisi per le loro vignette satiriche senz’altro spregiudicate e una fuga di notizie di un’istituzione religiosa pregna di segreti inconfessabili (sì, un paradosso ma è così) che hanno portato ad un processo due giornalisti italiani forse troppo spregiudicati anche loro.
Una potente censura alla libertà di stampa e di espressione punita addirittura con la morte per mano di messi religiosi portatori della verità, della purezza e della voce di Dio. Voce che, per l’altro Dio doveva rimanere bassa nei corridoi di quei palazzi dove aleggiano misteri e intrighi troppo compromettenti.
E dall’altra parte il canaio: la libertà di parola portata all’eccesso, sui profili dei social dove tutti si sentono storici, strateghi e teologi e magari il giorno prima non sapevano nemmeno dell’esistenza dei musei vaticani. Una concessione estrema nei titoli di giornali che dopo il secondo attentato a Parigi hanno pubblicato parole a caso, offese xenofobe che avrebbero fatto rabbrividire anche il leghista più convinto.
Per questo mi chiedo: esiste un confine tra la libertà e la censura? E se esiste dove sta? Sta nel buonsenso. In quella pratica così semplice e civile che molto spesso diamo per scontata. Al bar mentre parliamo di politica e trattiamo il nostro interlocutore come un cretino solo perché non la pensa come noi, in una giunta comunale dove si fa ostruzionismo per forza, quando giudichiamo una gonna troppo corta o facciamo battute sceme sugli omosessuali.
Buonsenso: una parola composta che non è buonista, morale o buona per forza. Ma è la capacità di stare zitti se serve, di ascoltare e replicare senza sparare a zero, di valutare senza giudizio, semplicemente per rispettarsi. Una parola che si sposa bene con il senso civico e la democrazia e che è il contrario della censura ma ci permetterebbe di eliminare tante chiacchiere a vanvera.
Per il 2016 quindi ci auguro buonsenso: come città (e qui ce ne vuole a quintali) come comunità e come persone. Perché la libertà di parola e di espressione non si trasformi in attacco o parole buttate così, ma sia davvero un valore. Di tutti e per tutti.
Buon Anno