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Poveri, disillusi, globalizzati e puri

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La batosta elettorale delle elezioni politiche del 4 marzo ha colpito inesorabilmente tutte le forze ascrivibili al campo della sinistra italiana. Partito Democratico in primis. Pensando dunque a loro, anzi a noi, ovvero a coloro che si sentono di sinistra, serve un cambio di paradigma e l’ammissione di alcuni errori di matrice profonda.

Il primo pensiero parte dalla consapevolezza di non aver saputo proporre un governo della globalizzazione. L’idea, il presupposto, l’entusiasmo, muovevano dalla voglia di afferrare un sogno. Ma oltre al sogno, agli ideali di apertura e contaminazione, l’applicazione concreta è stata gravemente sottovalutata. In altre parole, si sono globalizzati rapidamente i capitali ed i profitti ma non altrettanto rapidamente i diritti e la ridistribuzione della ricchezza.

C’è poi da discutere a lungo di povertà e nuove povertà. Perchè essere esclusi da una rete sociale e dalla dignità che può dare il lavoro, fa aumentare l’ignoranza, la rabbia ed allontana anche dalla partecipazione consapevole verso il proprio contesto politico e sociale. Analfabetismo funzionale e sfiducia complessiva aumentano e fanno aumentare malaffare e disaffezione verso tutto. Che l’Italia sia tra i Paesi in cui secondo i dati Eurostat vi sono più persone a rischio povertà ed esclusione sociale è purtroppo cosa nota. Il 30% dei cittadini, dato in crescita. E’ il 23,1% in Europa e il 19,7% in Germania. Il dato va contestualizzato. Rischio povertà non significa infatti considerare redditi bassi, come potrebbe apparire logico. ma prendere in considerazione nuclei familiari con poco o nessun lavoro, cosa che colpisce ad esempio 1 italiano su 20 anche nella fascia di popolazione più ricca. Da questo comprendiamo ad esempio che ci sono in Italia più che nella media europea famiglie in cui magari non si lavora ma che vanno avanti grazie alla pensione di uno o entrambi i genitori. Cosa succederà quando verrà a mancare una simile fonte di reddito che fa da welfare? Ecco che Eurostat eleva l’indice di rischio per il nostro paese.

Ineludibile la questione democratica. Un paese che non funziona per la debolezza della sua classe dirigente è un paese sospeso. E nella sospensione prevalgono altri poteri che senza il contrappeso della politica, perseguono interessi prettamente privati. La questione del funzionamento delle istituzioni e della trasparenza dei movimenti politici è una sfida irrinunciabile.

E l’Europa? Il suo funzionamento è blando. Il suo ideale indebolito. Rinnovare l’Europa serve per vincere contro il ritorno dell’idea dell’isolamento nazionale. Ma se ciò non avviene, l’UK sarà solo il primo esempio di una serie di sovranismi.

Le giovani generazioni. Stante le analisi elettorali, se tutto procedesse così, tra dieci anni la sinistra sarà la quarta forza del paese. I ragazzi non votano a sinistra o ritrovano valori di sinistra in movimenti difficilmente definibili come tali secondo i canoni della scienza politica. È la fine della tradizione antifascista forgiata nel dopoguerra perchè ormai troppo lontana? O è forse un voto che muove dal vedersi esclusi dall’alveo di tutte le possibilità che dovrebbe offrire il futuro come avere un lavoro stabile, una pensione, una casa propria? Dove c’è fame di futuro e di speranza è la sinistra che dovrebbe battere un colpo rompendo lo status quo. Evidentemente non è stato fatto nei termini e nelle necessità di cui l’Italia ha bisogno.

L’idea di purezza. Dice Francesco Piccolo: “A noi della sinistra italiana, nella sostanza, non piacciono gli italiani che non fanno parte della sinistra italiana. Non li amiamo. Sentiamo di essere un’oasi abitata dai migliori, nel mezzo di un Paese estraneo. Di conseguenza sentiamo di non avere nessuna responsabilità. Se l’essere umano di sinistra sentisse una correità, non penserebbe di voler andare a vivere in un altro Paese, più degno di averlo come cittadino. Però, a questo Paese che non ci piace, che non possiamo amare, del quale non sentiamo di far parte, e che osserviamo inorriditi ed estranei, noi della sinistra italiana a ogni elezione, siamo costretti a chiedere il voto. Vogliamo, cioè, che quella parte di Paese che disprezziamo, si affidi alle nostre cure. Ciò che puntualmente non avviene, proprio perché il resto del Paese sente questo senso di estraneità. E poiché non avviene, noi della sinistra italiana ci indigniamo di più, ci estraniamo di più e riteniamo di essere ancora meno responsabili di questo Paese di cui non sentiamo di far parte.”

Ecco. Un paese si cambia convincendo l’elettorato con un’identità precisa e con una visione delle cose che accadono, al fine di migliorare la vita di tutti. Non si cambia con una gara di purezza tra chi è più di sinistra. A me ad esempio non frega niente di sapere se mangiate pop corn o chipster. Popcorn è soltanto una fantastica canzone elettronica della synth generation.

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