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Perché rinnegare l’appartenenza politica quando si ricoprono cariche dello Stato?

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In un contesto politico sempre più fluido e in continua evoluzione, emerge un tema cruciale: perché alcuni leader politici, una volta saliti su poltrone di governo, tendono a rinnegare o minimizzare l’appartenenza politica del loro partito, specialmente quando le loro radici affondano in ideologie controverse?

Le commemorazioni fasciste e il silenzio della politica

Nelle piazze d’Italia, continuano a svolgersi commemorazioni fasciste: gruppi vestiti di nero e con il braccio teso inneggiano ai caduti, richiamando alla mente periodi bui della nostra storia. La Legge n. 645/1952 del Codice penale vieta chiaramente l’apologia del fascismo, eppure troppo spesso assistiamo a una sorta di tolleranza da parte delle istituzioni. I giudici chiudono un occhio e certe manifestazioni si svolgono senza reali conseguenze.

La destra e il suo passato: tra simboli e distanze

Ci si aspetterebbe che i partiti di destra si schierassero, in qualche modo, accanto a queste realtà, ma spesso accade il contrario. Se fossi un elettore di destra, potrei sentirmi frustrato nel vedere il mio partito prendere le distanze dal proprio passato invece di riconoscerlo. Un esempio evidente è il simbolo di Fratelli d’Italia: la fiamma tricolore, ereditata dal Movimento Sociale Italiano (MSI), partito che non ha mai rinnegato Benito Mussolini né il fascismo. Oggi, però, i leader di destra sembrano voler proiettare un’immagine più moderata, pur mantenendo simboli così radicati nella loro storia.

Le contraddizioni interne ai partiti di destra

All’interno della stessa destra troviamo anche Gioventù Nazionale, che, pur proclamandosi distante dal fascismo, continua ad esprimere posizioni discriminatorie, come l’ostilità verso le persone di colore o le unioni omosessuali. Questo crea un cortocircuito politico: come si può prendere le distanze dal passato senza abbandonare certe retoriche divisive?

La lezione di Sandro Pertini

Un punto di riferimento chiaro resta Sandro Pertini, partigiano e presidente della Repubblica, che definì il fascismo “l’antitesi della fede politica”. Il fascismo, infatti, non è solo un’ideologia, ma un attacco ai diritti fondamentali, al pensiero libero e alla democrazia. Ed è proprio questa coerenza che oggi manca a molti leader politici.

La sfida della coerenza politica

Comprendo che certi ruoli istituzionali impongano moderazione, ma ciò non giustifica il rinnegare la propria identità politica. L’appartenenza a una storia, a una cultura politica, non può essere sacrificata per convenienza. Un esempio concreto è il nostro Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: la sua carriera affonda le radici a destra, ma oggi, con un consenso sempre più ampio, sembra tentare di rimodellare il proprio partito in chiave moderata. Tuttavia, come dice il detto popolare: “se nasci tondo, non puoi morire quadrato”.

Il vuoto della sinistra moderna

Anche la sinistra, però, non è immune da critiche. Oggi mi sento di sinistra, ma non riconosco più quella sinistra che stava nelle fabbriche, nei circoli, nelle piazze. Al suo posto vedo una sinistra distante, più impegnata in cene di finanziamento che nel risolvere i problemi concreti delle persone.

La politica deve tornare tra la gente

La politica di oggi appare lontana dai bisogni reali della società, più concentrata a mantenere il potere che a migliorare il Paese. E forse è proprio per questo che tanti provano nostalgia per un passato che, almeno nella memoria, sembra più autentico.

Conclusione

In definitiva, la politica dovrebbe tornare a essere un impegno sincero per il bene comune, basato sulla memoria storica, la coerenza ideologica e l’onestà intellettuale. Non possiamo costruire un futuro solido se dimentichiamo da dove veniamo. Ricoprire cariche istituzionali non dovrebbe mai significare rinnegare le proprie radici, perché è solo dalla consapevolezza della propria storia che può nascere un cambiamento reale e giusto.

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